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A Cesena “Zen cromie”, la mostra di Massimo Galuppi

In esposizione all’interno di  FotoStudioArt  fino alla fine di gennaio 2016

CESENA – Prosegue fino alla fine di gennaio la mostra dell’artista cesenate Massimo Galuppi all’interno di FotoStudioArt, in viale Giacomo Matteotti 67, a Cesena.

Si intitola “Zen cromie” ed è curata dall’associazione culturale “spazinmente”, con il patrocinio del Comune di Cesena.

Viene presentata dall’architetto riminese e storico dell’arte Johnny Farabegoli e sarà aperta per tutto dicembre 2015 e gennaio 2016.

La rarefazione cromatica e materica, insieme alla semplificazione strutturale delle architetture rappresentate riconducono questa pittura a una essenzialità zen.

Dalla presentazione di Johnny Farabegoli

Questa nuova esposizione dell’artista cesenate Massimo Galuppi, pur nell’esiguità del numero dei lavori esposti, costituisce un’ulteriore metamorfosi linguistica di una rinnovata e feconda ricerca pittorica che sembra ora svincolarsi dalle più serrate “strutture” geometriche del precedente ciclo dedicato a Manhattan (in particolare “Manhattan/3”), di cui rimangono, comunque, in-visibili tracce.

Nel rinnovato sguardo che qui ci viene offerto dall’artista, i lavori del ciclo “Zen-Cromie” sembrano caratterizzati da un processo pittorico-compositivo che procede per “semplificazioni” dei propri elementi costitutivi, in grado però di spingere lo sguardo dell’osservatore proprio là dove, “apparentemente”, sembrerebbe non esserci “nulla” da vedere.

Così, come l’adagio svolgersi di un lirico movimento musicale trae sostanza dal “necessitante” silenzio-attesa che antecede il sorgere dell’evento sonoro – e a cui rimane indissolubilmente legato -, allo stesso modo lo “spazio vuoto” che sembra espandersi sulla tela dà corpo e sostanza all’articolarsi dell’orditura/partitura della composizione cromatica.

E proprio da questa “prospettiva zen” sembra riflettersi, come in uno specchio, la “semplice pienezza” che feconda la linearità delle forme, e che, al pari di un sapienziale motto zen, sembra ricordarci che il “vero vedere è quando (apparentemente) non c’è più nulla da vedere”.

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Redazione

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