PARMA – È stata un’inaugurazione di anno accademico tesa tra il locale e il globale quella che ieri ha vissuto l’Università di Parma, che in un’Aula Magna affollata ha celebrato questo momento solenne riflettendo su di sé ma anche – inevitabilmente – sul tempo che viviamo e sulle sue crepe. Una riflessione capace appunto di alzare lo sguardo dal “qui e ora” per affrontare temi “di sistema” e di metodo, non solo accademici, necessari per guardare a un domani “umanamente sostenibile”.
La stessa (applauditissima) prolusione di Vittorino Andreoli, Dall’Io al Noi e dalla “lotta per l’esistenza” alla Cooperazione come fondamento di civiltà, è andata in questa direzione.
«Stiamo vivendo un momento di malessere diffuso, che raggiunge molto spesso livelli patologici», ha spiegato il prof Andreoli, psichiatra e componente della New York Academy of Sciences. Un momento dominato dalle patologie dell’io (dal narcisismo alla maniacalità alla paranoia), una vera e propria «intossicazione da io». Ma l’io non è mai una risposta: «L’unico io possibile – ha osservato – è l’io fragile, cioè quello che avverte i propri limiti. E uno avverte i propri limiti se ha bisogno dell’altro, quindi si passa al noi. Questo è il tempo per passare a una psicologia del noi».
Come cambiare rotta? «Non c’è più un determinismo. Oggi noi sappiamo che è possibile cambiare, attraverso una plasticità del cervello». E occorre farlo per non mettere a rischio la civiltà: «Noi viviamo un momento di regressione di civiltà – ha continuato il prof Andreoli – una perdita del significato dei principi primi. E i principi primi sono legati all’aspetto culturale, all’aspetto acquisito, non al gene. Io non ho paura della crisi della società, ma temo la crisi della civiltà». Però, appunto, l’essere umano può cambiare, e in questo le Università possono fare tanto proprio in chiave formativa e culturale: «Occorre far conoscere i principi di civiltà proprio per non perderla, per non scivolare dalla civiltà alla società degli eroi e infine alla barbarie».
«Viviamo un tempo non facile, e questo è sotto gli occhi di tutte e tutti. Un tempo attraversato da diverse forme di crisi», ha detto nella sua relazione il Rettore Paolo Martelli, sottolineando il ruolo dell’Università come motore di cambiamento culturale («in virtù della sua identità e dei valori che ne sono alla base») e come soggetto attivo del contesto territoriale in tutti gli ambiti, e “chiamando a raccolta” il territorio su questioni appunto di sistema come quella dell’accoglienza: «È chiaro che l’accoglienza è un tema che non riguarda e non può riguardare solo l’Ateneo ma l’intero sistema territoriale. Occorre un impegno corale e condiviso per trovare soluzioni adeguate, dignitose e a un prezzo sostenibile, a misura di studente, in termini di trasporti, di servizi, di luoghi per la socializzazione, ma soprattutto di opportunità inclusive ed eque per risolvere il problema sempre aperto degli alloggi per la popolazione studentesca».
Dal Rettore diversi riferimenti alle linee d’azione contenute nel Piano di mandato 2023-2029 pubblicato oggi, a partire dalle parole chiave su cui si insisterà: innovazione, interdisciplinarità, inclusione ed equità, internazionalizzazione, sostenibilità, responsabilità sociale, cui ha aggiunto comunità e condivisione.
Sulla cooperazione come buona prassi da seguire, dal micro al macro, partendo dal titolo della prolusione del prof Andreoli, si è soffermata la Presidente del Consiglio del Personale tecnico amministrativo Carla Sfamurri («sforzi e obiettivi importanti non si perseguono, infatti, da soli»), che passando a parlare del Pta ha rimarcato come al legislatore sia «richiesto di garantire una equa retribuzione a tutela della dignità e del lavoro del Personale Tecnico Amministrativo delle Università». «A livello locale – ha aggiunto – è richiesto l’impegno di individuare adeguate forme di sostegno economico e di realizzare un Piano di servizi di welfare per il Personale Tecnico Amministrativo, anche al fine dell’incremento del benessere organizzativo dei dipendenti e con il fine ultimo di migliorare l’intero sistema sociale, di concorrere a creare Valore Pubblico».
Tanti i temi affrontati dal Presidente del Consiglio degli Studenti Marcello Zito: dal diritto allo studio («studiare in Italia sta diventando sempre più appannaggio delle classi sociali più abbienti») all’urgenza della pace in Medio Oriente («il conflitto israelo-palestinese ha riunito sotto la bandiera della pace gran parte della comunità studentesca e cittadina, la quale richiede a gran voce un cessate il fuoco»), dall’antifascismo («non è solo una parola, ma un impegno, un ideale, un dovere morale che ci spinge a lottare per la giustizia, la libertà e la dignità umana») alla paura del fallimento («la nostra generazione teme il fallimento»). In chiusura anche da parte sua, come prima da parte del Rettore, un riferimento alla violenza di genere: «È compito e responsabilità dell’Ateneo e di tutta la comunità cittadina e universitaria combattere questo fenomeno, è giunta l’ora di assumersi le proprie responsabilità affinché non si debba aspettare la prossima vittima di femminicidio, come è stato per Giulia Cecchettin, affinché si risveglino le coscienze collettive».
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