MODENA – “Trentasette sanzioni, anche per il mancato rispetto della misure anti-Coronavirus, e otto provvedimenti di sospensione, che in alcuni casi hanno poi comportato la cessazione dell’attività nei negozi”. Lo ha precisato l’assessora alle Politiche economiche Ludovica Carla Ferrari rispondendo, nella seduta di venerdì 11 giugno del Consiglio comunale di Modena, a due distinte interrogazioni di Piergiulio Giacobazzi (Forza Italia) sulle situazioni di presunta irregolarità degli esercizi commerciali di viale Gramsci ai civici 231/c e 327. In particolare, il consigliere aveva chiesto informazioni “sugli interventi delle forze dell’ordine nei negozi etnici e sulla tipologia di sanzioni a partire dal 2018”, oltre che sulla presenza di pregiudicati”, domandando perché le irregolarità non abbiano “portato alla chiusura definitiva degli esercizi, come accaduto nel negozio di via Piave”. Le istanze, inoltre, sollecitavano chiarimenti sui cambiamenti di ragione sociale dei due esercizi commerciali.
Nella risposta, l’assessora Ferrari ha innanzi tutto sottolineato che gli interventi della Polizia locale nei due negozi sono stati 230, a seguito di altrettante segnalazioni arrivate dal territorio, di cui 11 attraverso la piattaforma Segnala-Mo. Quindi ha illustrato le violazioni dei due market riscontrate dal Comando di via Galilei, dallo sportello Suap del Comune, dall’Ausl e dalle forze dell’ordine, oltre a dare conto degli interventi scaturiti dai provvedimenti della Prefettura. Per il negozio al civico 231/c le irregolarità sono state 21: una per vendita di prodotti alimentari senza presentazione della Scia (comportando la cessazione dell’attività); quattro per mancanza di prezzi sui prodotti; due per grave pericolo all’ordine e alla sicurezza pubblica (che ha poi determinato una misura di sospensione di dieci giorni, seguita da una nuova cessazione); due per prodotti alimentari tenuti in disordine e in modo non adeguato e non ben conservati; due per somministrazione di bevande alcoliche non autorizzata; uno per locale non in buono stato di manutenzione, pulizia e funzionalità; una diffida amministrativa per locale non tenuto in decorosa manutenzione e con pulizia della facciata; otto per violazioni delle norme anti-Covid di vario genere, dalla permanenza di persone all’interno del locale senza giustificato motivo al non rispetto del divieto di assembramento, che hanno fatto scattare un provvedimento di sospensione dell’attività dieci di giorni e due da cinque , oltre al provvedimento di diffida nei confronti dell’impresa individuale dal persistere per il futuro nell’esercizio delle attività. “Le sanzioni sono state comminate nell’ambito di tre nuove gestioni che si sono susseguite e delle relative cessazioni di attività fra sanzioni e provvedimenti di sospensione dell’attività, in tutto quattro misure”, ha affermato l’assessora.
Nel negozio al civico 327, invece, le irregolarità sono state 16: due per vendita di prodotti ittici privi di confezione ed etichettatura; due per vendita di prodotti alimentari privi di corretta etichettatura o scaduti; uno per mancata esposizione dei prezzi su accertamento del Nas dell’Arma dei carabinieri; tre per errata conservazione di prodotti alimentari; uno per commercio di alimenti non provenienti da laboratorio autorizzato; uno per locale non tenuto in decorosa manutenzione e pulizia della facciata; due per mancanza di prezzi sui prodotti; quattro per violazioni delle norme anti-Covid di vario genere, dalla permanenza di persone all’interno del locale senza giustificato motivo al non rispetto del divieto di assembramento, che hanno determinato un provvedimento di sospensione dell’attività di dieci giorni, due da cinque giorni e uno da un giorno, oltre al provvedimento di diffida nei confronti dell’impresa individuale dal persistere per il futuro nell’esercizio delle attività. Le violazioni sono state rilevate “nel contesto di due nuove gestioni – ha aggiunto – e di una revoca dell’autorizzazione seguita dalla notifica della cessata attività e delle relative cessazioni di attività fra sanzioni e provvedimenti di sospensione (quattro misure in totale)”.
Ferrari ha indicato i riferimenti normativi alla base dei provvedimenti, non solo il Tuel ma anche il Regolamento comunale di Polizia urbana e il decreto legge 14 del 2017 incentrato sulla sicurezza delle città: con questi presupposti, per entrambi gli esercizi commerciali “si può procedere col provvedimento di chiusura emesso dalla Questura per massimo di 14 giorni e, in maniera ancora più incisiva, con la chiusura per dieci giorni per grave pericolo dell’ordine e della sicurezza pubblica”. Più in generale, l’assessora ha sollecitato un adeguamento delle normative nazionali che consenta agli enti locali e alle forze dell’ordine “di intervenire sui comportamenti reiterati di illegalità”.
Dopo aver chiesto la trasformazione in interpellanza, Antonio Baldini (Fratelli d’Italia – Popolo della famiglia) ha suggerito lo svolgimento di “accertamenti rigorosi sugli esercizi commerciali, naturalmente non solo quelli etnici”, dal momento che un’amministrazione “anche in presenza di Scia può pronunciarsi contro l’attività. Gli strumenti legislativi esistono, occorre la volontà politica di attuali”.
“Il tema dell’illegalità nella zona è seguito dal Comune, come dimostrano anche le violazioni riscontrate nei due negozi”, ha affermato Vincenza Carriero (Pd), aggiungendo che gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione sono definiti dalla normativa nazionale e che in questo contesto “la strategia del cambio di intestazione, da parte degli esercenti, limita il raggio delle azioni di contrasto”.
Andrea Giordani (Movimento 5 stelle) ha sollecitato contro l’illegalità un intervento decisivo attraverso “un presidio costante del territorio, come è accaduto per il centro storico, dove i risultati si sono visti”. Secondo il consigliere occorrono “strategie nuove per risolvere il problema, per esempio un maggiore controllo sui clienti dei negozi”.
In replica, il consigliere Giacobazzi, dopo aver sottolineato che il problema sta diventando “cronico” visto anche che il tema è stato trattato più volte dal Consiglio, ha fatto presente che “l’interrogazione puntava a capire per quale motivo non si proceda alla chiusura definitiva dei due negozi, come è successo per il market di via Piave 56”.
L’assessora Ferrari ha risposto spiegando che la revoca della licenza nel negozio di via Piave è scaturita “a seguito dell’individuazione di pregiudicati da parte delle forze dell’ordine”, le cui specifiche azioni di controllo si integrano appunto con l’attività svolta dalla Polizia locale, “come dimostrano gli interventi di questi anni, attivandosi spesso grazie anche alle segnalazioni dei cittadini”.
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