L’iniziativa rientra tra le azioni proposte dal Tavolo di lavoro dei Piani di Zona del Distretto di Parma che ha per tema la “Valorizzazione e riconoscimento del ruolo del caregiver familiare nel sistema dei servizi sociali, socio sanitari e sanitari e azioni a loro sostegno”.
Il docu-film narra l’esperienza di un gruppo di genitori che negli ultimi sedici anni un gruppo di genitori (12 madri e 2 padri) si sono incontrati ogni quindici giorni per parlare della loro vita quotidiana e per trovare soluzioni al miglioramento della vita dei loro figli disabili. Dopo tanti anni, il gruppo è diventato una micro-società con un suo equilibrio. Il gruppo è diventato anche una famiglia. Aiutare se stessi per prendersi cura degli altri è il concetto fondante di questo gruppo. Il termine anglosassone “caregiver” è entrato ormai stabilmente nell’uso comune: indica “colui che si prende cura” e si riferisce naturalmente a tutti i familiari che assistono un loro congiunto ammalato e/o disabile, in forma gratuita, in virtù dei legami affettivi.I “caregiver” dei pazienti con demenza sono la grande maggioranza. Sono in genere donne (74%), di cui il 31% di età inferiore a 45 anni, il 38% di età compresa tra 46 e 60, il 18% tra 61 e 70 e ben il 13% oltre i 70.
Il lavoro di cura, in considerazione delle trasformazioni sociali ed economiche che hanno portato a cambiamenti rilevanti nella composizione e nell’organizzazione familiare, ha assunto sempre più, rispetto al passato, un carattere intergenerazionale ed evidenzia un crescente impegno di giovani adolescenti. L’assistenza ad un figlio disabile dura tutta la vita e oltre ( Dopo di noi). Ma anche quando l’assistenza concerne coniugi o genitori, la durata nel tempo e l’intensità del lavoro di cura impattano pesantemente sulla vita del familiare che si prende cura, stravolgendone la quotidianità ed il progetto di vita. Emerge con chiarezza da svariate ricerche come il ruolo del caregiver, che sono per lo più donne, sia difficile e gravoso e che tale figura si ritrovi spesso a vivere una situazione in cui la malattia del proprio caro sia costantemente al centro della sua attenzione, privandolo di spazi propri in cui potersi rigenerare.
L’impegno costante del caregiver può mettere a dura prova il suo equilibrio psico-fisico e l’equilibrio dell’intero nucleo familiare. Il lavoro di cura può avere implicazioni sul piano fisico, relazionale, emozionale, economico (il caregiver può arrivare a lasciare il lavoro o a scegliere un’attività part-time), implicazioni che possono avere un impatto sulla salute, sulle condizioni psicologiche e relazionali, ovvero creare condizioni di “stress” che, se non adeguatamente trattate si ripercuotono negativamente anche sulla persona assistita. Fattori di rischio per il benessere psico-fisico del caregiver sono: l’isolamento sociale, la scarsa conoscenza della malattia, la ridotta disponibilità nelle relazioni sociali, i sensi di colpa, la tensione e l’affaticamento nella relazione e l’alta emotività espressa. Questi fattori espongono il familiare al rischio di burn-out (ovvero di esaurimento psico-fisico). Occorre inoltre sottolineare quanto la figura del caregiver contribuisca in modo significativo ad aumentare il capitale sociale della comunità.
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