Unibo. QS Ranking: l’Alma Mater cresce ancora

90

L’Università di Bologna si conferma nella top 200 degli atenei a livello mondiale e guadagna otto posizioni, passando dalla 188 alla 180. Prima in Italia, raggiungendo il 77° posto al mondo, per reputazione accademica

logo-uniboBOLOGNA – L’Università di Bologna guadagna ancora posizioni nel QS World University Ranking. L’edizione 2019 della classifica internazionale degli atenei prodotta da Quacquarelli Symonds vede l’Alma Mater scalare otto posti, passando dal numero 188 al numero 180.

Unibo si conferma così nella top 200 del ranking: considerando che nel mondo esistono circa 26mila università – rileva lo studio di QS – l’Alma Mater rientra nell’1% dei migliori atenei a livello globale.

Andando a guardare i diversi parametri che compongono la classifica, l’Università di Bologna conferma la propria forza nella “Reputazione accademica” – l’indicatore di maggior peso per formulare il giudizio complessivo sull’ateneo – dove si posiziona al 77° posto a livello mondiale e prima in Italia. L’Alma Mater continua inoltre a migliorare la competitività internazionale ottenendo il miglior risultato dal 2011 ed entrando nella fascia del miglior 18% degli Atenei rilevati da QS.

Ottimo risultato, inoltre, per l’indicatore che misura l’impatto della ricerca scientifica (“Citations per Faculty”), che vede l’Alma Mater guadagnare ben 75 posizioni rispetto allo scorso anno. Bene anche la “Employer Reputation” (calcolata da QS intervistando circa 43mila aziende e imprese in tutto il mondo) che vede l’Alma Mater al 169° posto.

“Anche se non ci si può basare sui ranking per valutare la qualità di un ateneo, sono molto soddisfatto dei risultati raggiunti – dichiara il Rettore Francesco Ubertini – che premiano gli sforzi messi in campo in questi ultimi anni. In particolare ritengo importante il traguardo del 77esimo posto al mondo per la reputazione accademica, dato che rispetto alle università presenti nelle prime posizioni del ranking, l’Università di Bologna ha circa il doppio degli studenti e la metà dei docenti”.