Un gruppo di ricercatori del Centro di Ricerca per lo Studio delle Epatiti dell’Università di Bologna, ha contribuito allo sviluppo di un nuovo farmaco per una malattia autoimmune del fegato denominata colangite biliare primitiva
BOLOGNA – La cura per la colangite biliare primitiva, erroneamente chiamata fino a qualche mese fa cirrosi biliare, non risultava adeguata per la stragrande maggioranza dei pazienti in quanto non ammalati di cirrosi. Il Prof. Pietro Andreone e il Prof. Giuseppe Mazzella del Dipartimento Universitario di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Alma Mater, presso il Policlinico di Sant’Orsola, coadiuvati dal prof. Marco Lenzi e dal prof. Luigi Muratori, hanno dato un importante contributo per la realizzazione e la riuscita dello studio che ha reso nota l’efficacia della terapia con acido obeticolico nella colangite biliare primitiva. I risultati, pubblicati, lo scorso Agosto 2016, sulla rivista medica americana New England Journal of Medicine, hanno convinto l’autorità regolatoria degli Stati Uniti (FDA) ad approvarne l’utilizzo per il trattamento della colangite biliare primitiva non responsiva o intollerante a UDCA.
A distanza di un anno dall’inizio dello studio, i ricercatori hanno osservato una significativa riduzione dei valori di fosfatasi alcalina e di bilirubina (che sono i parametri per valutare l’efficacia del trattamento) nei gruppi dei soggetti che ricevevano il farmaco rispetto a coloro che assumevano il placebo. L’unico effetto collaterale di rilievo riportato è la possibile comparsa di prurito che può essere agevolmente controllato con la riduzione della dose del farmaco. L’unico trattamento al momento disponibile per questa malattia è l’acido ursodesossicolico (UDCA) che, però, risulta essere non efficace o non tollerato in circa la metà dei soggetti.
Allo studio, oltre all’Università di Bologna, hanno contribuito anche alcuni ricercatori dell’Università di Milano e dell’Università di Padova.