Le due terapie non farmacologiche possono rivelarsi preziose alleate per i pazienti che si sottopongono ad un intervento di protesi totale di ginocchio, particolarmente doloroso in fase postoperatoria
BOLOGNA – L’agopuntura e l’elettroterapia possono ridurre il consumo di analgesici a base di oppiacei nei pazienti che si sottopongono ad un intervento particolarmente doloroso in fase postoperatoria come la protesi totale di ginocchio.
Lo dimostra uno studio da poco pubblicato su JAMA Surgery e realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna e della Stanford University.
Selezionando 39 studi sul tema pubblicati fra il 1991 e il 2015, gli autori hanno analizzato i dati di 2391 pazienti e studiato l’effetto dei cinque trattamenti non farmacologici più comuni in letteratura: agopuntura, crioterapia, elettroterapia, riabilitazione preoperatoria e Continuous Passive Motion (CPM).
“Il nostro obiettivo – spiega Dario Tedesco, medico e dottorando dell’Università di Bologna che ha guidato lo studio – era identificare un gruppo di trattamenti non farmacologici che, in affiancamento all’imprescindibile terapia farmacologica, potessero essere associati a una migliore gestione del dolore. Un tema, questo, che oggi è di particolare interesse soprattutto in riferimento agli oppiacei, categoria sotto stretta sorveglianza negli Stati Uniti, dove è in corso una severa epidemia di morti legate al consumo di queste sostanze”.
Dai risultati della ricerca è emerso che l’agopuntura e l’elettroterapia, affiancate alla terapia farmacologica, possono portare ad una riduzione clinicamente rilevante del consumo di farmaci analgesici oppiacei, in particolare nel breve termine. Due strumenti, insomma, che possono rivelarsi alleati particolarmente utili per i pazienti di un intervento complesso come la sostituzione protesica di ginocchio, che per giunta viene spesso effettuato su persone anziane già gravate da altre patologie.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista di chirurgia JAMA Surgery, è stato condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna, coordinato dalla professoressa Maria Pia Fantini, e della Stanford University in California.