Riccione

Una folla alle celebrazioni di Riccione per il 25 aprile

Poster Art. L’Italia che non ha paura 25 aprile 2024

L’omaggio della città a Giacomo Matteotti per il centenario del suo assassinio

RICCIONE (RN) – L’omaggio a Giacomo Matteotti nel centenario del suo barbaro assassinio, la lettura del monologo censurato di Antonio Scurati, la poster art lungo le strade del corteo per mantenere viva la memoria della resistenza. Riccione ha festeggiato ieri il 25 aprile con tanta gente che ha scelto di partecipare, di esserci, di onorare la Liberazione del nazifascismo.

La sindaca Daniela Angelini nel suo discorso ha reso omaggio alla memoria di chi ha perduto la vita per liberarci, ringraziando Giacomo Matteotti per il suo sacrificio. Ha letto parte del monologo censurato dello scrittore Antonio Scurati, “perché la censura non è tollerabile” e, traendo spunto dalle parole di Roberto Vecchioni, ha fatto riferimento alla necessità, anche oggi, di continuare a resistere.

La manifestazione

In occasione delle celebrazioni del 79° anniversario della Liberazione, si è svolto questa mattina a Riccione il corteo istituzionale alla presenza della sindaca Daniela Angelini, della giunta comunale, delle autorità civili e militari e di una folto numero di cittadini. Il corteo è partito alle 10 dal giardino della residenza comunale dove è stato deposta la corona d’alloro al monumento dei Caduti di tutte le guerre. Il momento commemorativo è stato accompagnato dal Corpo Bandistico di Mondaino. In seguito il corteo ha raggiunto piazzale Salvo D’Acquisto e piazza Giacomo Matteotti in Paese dove è stata deposta la corona di fiori dell’Anpi-sezione di Riccione.

La banda e il contributo dei ragazzi

La cerimonia è proseguita nel giardino del Centro della Pesa con gli interventi istituzionali accompagnati dalle musiche del Corpo Bandistico di Mondaino. Durante la cerimonia sono intervenuti anche gli studenti della scuola secondaria di primo grado Geo-Cenci e i ragazzi del liceo Volta-Fellini e dell’istituto Savioli che hanno letto alcuni brani sulla Resistenza.

La poster art lungo le strade del corteo

Alle celebrazioni del 25 aprile la città di Riccione ha dedicato anche quest’anno il progetto di poster art “L’Italia che non ha paura” (a cura di Andrea Mantani e Inserirefloppino) che ha segnato il percorso del corteo istituzionale toccando alcuni punti cruciali della città come l’ospedale e l’asilo d’infanzia Ceccarini. Le immagini storiche, i ritratti, gli scorci, gli sguardi e gli stralci di diari apparsi lungo il percorso dalla sede comunale al Centro della Pesa hanno creato una mappa fotografica suggestiva che contribuisce a mantenere viva la memoria della Resistenza.

Di seguito il testo dell’intervento della sindaca Daniela Angelini:

“In questo disperato sogno

Tra il silenzio e il tuono

Difendi questa umanità

Anche restasse un solo uomo”

Ogni volta che mi capita di ascoltare “Chiamami ancora amore”, uno dei capolavori di Roberto Vecchioni, resto sempre colpita da questo brano che riesce a condensare disperazione e sogni, umanità e sterminio.

Nel periodo più buio del secolo scorso, tra l’Olocausto e la Seconda guerra mondiale, c’è stato un momento in cui vedere la luce, immaginare un futuro, persino sognare, era diventato davvero un esercizio disperato.

Se siamo qui oggi, e ne possiamo parlare, è perché c’è stato chi ha trovato la forza e il coraggio di difenderla questa umanità, di restituirci il sogno, sacrificando tutto, compresa la propria vita.

Noi ne possiamo parlare e scegliamo di farlo qui, di fronte alla piazza che porta il nome di chi tentò di opporsi a una dittatura che si stava imponendo con la violenza.

Dobbiamo tanto a Giacomo Matteotti di cui quest’anno ricorre il centenario del suo barbaro assassinio. Ne possiamo parlare ma ancora oggi, cento anni dopo la sua morte, la televisione di Stato ha scelto di censurare un monologo antifascista firmato dallo scrittore Antonio Scurati che, evidentemente, qualcuno ha ritenuto scomodo.

Si chiama censura. Non ci sono altre parole per descrivere quel che è accaduto nei giorni scorsi. La censura è da sempre uno degli strumenti tipici dei regimi totalitari, compreso il fascismo. La censura non è tollerabile. E proprio in nome della libertà per cui si è battuto Giacomo Matteotti leggerò un brano del monologo di Scurati.

Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita.

Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.

Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.

In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto.

Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.

Come si poteva anche soltanto immaginare di sognare mentre anche i bambini, addirittura i neonati, venivano decapitati e bruciati vivi?

Bisognava essere dei visionari, immaginare che l’Italia potesse tornare a essere un bel posto in cui vivere, avere coscienza che fosse giusto battersi fino alla morte per lasciare in dono un sogno a chi sarebbe venuto dopo.

“Chiamami sempre amore

Che questa maledetta notte

Dovrà ben finire”

Questo sogno si chiama libertà. Un bene primario, essenziale, irrinunciabile, che noi, che abbiamo la fortuna di non avere mai vissuto una guerra sulla nostra pelle, troppo spesso diamo per scontato. Ma che scontato non lo è affatto.

Non lo è in Ucraina né in Medioriente, e non è neppure nelle diverse decine di paesi del mondo in cui in questo momento è in corso una guerra. Dove si continua a morire senza un senso.

Noi siamo liberi perché siamo stati liberati dall’oppressione nazifascista. Proprio per questo oggi celebriamo una delle pagine più importanti della storia del nostro Paese: il 25 aprile, la Liberazione. La fine del buio. Il sogno. L’umanità ritrovata.

È un momento di profonda gratitudine verso chi ha saputo stare dalla parte giusta della storia. Ma che ci impone anche una riflessione, oggi più che mai doverosa.

“E per tutti i ragazzi e le ragazze

Che difendono un libro, un libro vero

Così belli a gridare nelle piazze

Perché stanno uccidendo il pensiero”

Dobbiamo riflettere su un presente drammaticamente incerto, forse il più complicato nella storia della nostra Repubblica. Siamo circondati da guerre vere ma spesso combattiamo guerre immaginarie, soprattutto contro gli ultimi, i più fragili, gli indifesi, quelli che in un modo o nell’altro sono diversi dagli altri.

Le famiglie fanno sempre più fatica ad arrivare alla fine del mese. Viviamo un quotidiano senso di frustrazione perché sappiamo che i nostri figli corrono il rischio di stare peggio rispetto a come siamo stati noi. Sappiamo che faticheranno a trovare un lavoro, a comprare una casa, a sistemarsi. A guadagnarsi un’esistenza dignitosa.

Abbiamo smesso di leggere e di informarci. Chi dovrebbe informarci dal servizio pubblico confonde i diritti, anche quelli sacrosanti, quelli per cui ci siamo battuti, con i delitti. Passiamo il tempo sui social network dove tutto viene amplificato, estremizzato, deformato. Stanno uccidendo il pensiero, ci ricorda Vecchioni.

Vincono gli slogan e perdono le riflessioni. Viviamo un tempo in cui, spallata dopo spallata, viene posta a rischio la tenuta della comunità. E allora non ci resta che difendere quel libro, quel libro vero, la nostra Costituzione, con cui i nostri padri costituenti, mettendo da parte le divisioni politiche, hanno saputo indicarci la rotta.

Siamo liberi perché siamo stati liberati ma ora tocca a noi difenderla questa libertà, avendo molto chiaro che questo bene preziosissimo lo si può anche perdere.

Chi ha fondato la nostra Repubblica, a qualunque schieramento appartenesse, aveva chiaro che l’antifascismo fosse un valore primario, e ne ha permeato la nostra Carta costituzionale.

Settantanove anni dopo la nostra Liberazione, qui, in questa piazza dedicata a chi è morto per quel valore primario, dobbiamo constatare, che la battaglia non è finita perché, riprendo ancora le parole di Scurati, “finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”.

Continuiamo a Resistere.

Viva l’Italia, viva la democrazia, viva la Liberazione

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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