Ravenna

“Trilogia della vita vagabonda” di Laura Falqui

Alla Fondazione Sabe per l’Arte di Ravenna, l’autrice ha dialogato con gli studiosi Luciano Nanni e Raffaele Milani, davanti a un folto pubblico di appassionati d’arte

RAVENNA – Nelle sale della Fondazione Sabe per l’Arte di Ravenna, dove fino al prossimo 24 giugno sarà possibile visitare “Levia Gravia”, la doppia personale di Valerio Anceschi e Luca Scarabelli, si è tenuta l’altra sera un incontro-conversazione sulla “Trilogia della vita vagabonda” (Medusa, 2022), di Laura Falqui. Incalzata dalle domande e riflessioni di Luciano Nanni e Raffaele Milani e davanti a una folta platea di appassionati d’arte, l’autrice ha spiegato il senso del suo lavoro e letto alcuni significativi brani. Nella scrittura di questi tre romanzi della vita vagabonda, la drammaturga, specialista di arti visive, docente e studiosa del movimento inglese dei Preraffaelliti, si è ritagliata uno spazio di assoluta libertà da cui sono scaturite estrose utopie di vita. Il primo, “L’uovo di Sileus”, è una fiaba dai tratti esoterici e giocosi; il secondo, “Fondamenti di vita celeste sulla terra” segue le vicende di un drappello di mendicanti sguinzagliati in un mondo post-naturale; nel terzo, “Vaniglio road”, propone un’avventura tra le stanza di un museo delle meraviglie dislocato in Canada. Ad accomunarli sono l’allegria a il gusto per gli sbalzi narrativi e stilistici, così come inevitabilmente le suggestioni di una vita e le sue predilezioni pittoriche, letterarie, cinematografiche.

«Sono partita dal buio, da me stessa – racconta Falqui –. I romanzi, scritti lungo un arco di tempo di 25 anni, sono rimasti a lungo nel cassetto. Come ci sono arrivata nel corso di una vita dedicata ai preraffaelliti? Il punto di partenza è il valore umano, lo spunto è stata la morte di mio padre, in un periodo in cui avevo bisogno di rallegrarmi con una scrittura liberissima. Ho iniziato senza sapere dove sarei arrivata, anche se sentivo che quei mendicanti di cui parlavo, avrebbero trovato un ‘paradiso’. In questa trilogia, per la prima volta, ho rimescolato tutto ciò che avevo in testa e le mie conoscenza tra teatro, cinema e scrittura. Il risultato? Tre romanzi felici, allegramente esoterici, così mi piace definirli».

«Si percepisce che questi romanzi sono frutto di un divertimento – commenta Luciano Nanni, ex professore di Estetica e semiotica all’università di Bologna, oltre che poeta e artista visivo –. Leggendoli ho percepito questo ‘azzeramento’ di Laura, la sua volontà di proiettare tutto ciò che sa nel buio e di addentrarvisi come non se non conoscesse nulla. Il suo è un mondo senza più generi, in cui tutto viene coinvolto, differenziandosi, e tutto evapora. Ha applicato ottimamente la tecnica dello ‘straniamento’, accostando cose in teoria non accostabili tra loro. Impossibile poi non restare colpiti dalla sua scrittura di qualità, raffinata e piena di attenzione alle sfumature, e così realistica paradossalmente».

Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Raffaele Milani, ex professore universitario a Bologna nonché autore del noto volume “L’arte del paesaggio” tradotto in varie lingue. «Il lavoro di Falqui è tuto costruito sull’immaginazione giocosa – spiega –. Il piano del sogno e del reale sono sovrapponibili e ci si può divertire a rintracciare gli elementi meno evidenti. Il filo che attraversa i tre romanzi, come giustamente evidenziato dal titolo, è la vita vagabonda. Dentro questa trilogia si può trovare un po’ di tutto, consente di fare un giro a tutto tondo per raccontare un po’ tutto il mondo».

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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