Faenza

Teatro Masini, Faenza: Factory Compagnia Transadriatica in “Il Misantropo” (mercoledì 12 dicembre alle ore 21)

FAENZA (RA) – Mercoledì 12 dicembre alle ore 21 il Teatro Masini di Faenza ospiterà lo spettacolo Il Misantropo, rilettura contemporanea del testo classico di Molière portato in scena dalla Factory Compagnia Transadriatica con la regia di Tonio De Nitto e l’adattamento di Francesco Niccolini.
La pièce è realizzata in co-produzione con Accademia Perduta/Romagna Teatri.

Dopo le esplorazioni shakespeariane, attraverso Molière provo a raccontare la società in cui viviamo che stranamente non sembra molto diversa da quella di allora. Il Misantropo, quanto mai attuale, è un testo che dopo tanta civetteria arriva stretto come un nodo alla gola, sembra un quadro perfetto del momento che stiamo vivendo, la disillusione verso un mondo non meritocratico, dove la soluzione è sempre nel compromesso o nella totale evasione dalla legalità.

Sentirsi un extraterrestre perché non allineato, uno stupido perché onesto, un cinico perché non interessato al clamore del mondo, un algido perché il cuore non saltella ad ogni minima occasione.

Alceste non respinge ma è respinto da una società in cui non si riconosce, da un amore che non sa scegliere, da processi in cui è chiamato in ballo senza alcun motivo, non uno contro tutti, ma tutti contro uno. Proseguo in questo modo il mio personale racconto degli ultimi, siano essi bisbetici, anatroccoli o misantropi, lo faccio con la compagnia d’attori con cui in questi anni abbiamo costruito assieme un percorso, con generosità, talento, rigore, utopie, disillusioni. (Tonio De Nitto)

All’anagrafe si chiamava Jean-Baptiste Poquelin, ma come si fa a diventare una stella di prima grandezza del teatro di tutti i tempi con un nome simile? Aveva le idee chiare, quel giovanotto, e si scelse un bellissimo nome d’arte e una biografia da star.
Non c’è dubbio che il capolavoro di Molière sia la sua vita.

Figlio di un uomo del popolo, un umile tappezziere di Parigi, Jean-Baptiste si innamora di un mestiere infame e di una compagnia di comici dell’arte italiani: con quel mestiere infame diventerà così famoso e amato che i suoi figli avranno il re di Francia come padrino al battesimo, ma così odiato che nessun medico, nessun prete, nessuno di nessuno vorrà intervenire quando starà tanto male da dover interrompere l’ultima replica de Il malato immaginario per morire a casa sua, senza cure e senza estrema unzione. Per una settimana, sua moglie, la giovane avvenente e capricciosa Armande, non riuscì nemmeno a trovare dove seppellirlo, dato che nessun cimitero della città voleva ospitarlo e l’arcivescovo di Parigi aveva espressamente indicato di buttarlo in un fosso qualunque delle sterminate campagne intorno alla capitale: ovunque la terra non fosse consacrata, in odio a Dio, alla chiesa, ai medici, agli aristocratici e a tutte le categorie di ipocriti approfittatori nepotisti lobbisti, venduti comprati e corrotti dell’intera città.

Curioso. Molière era il mago del teatro comico e burlesco, ma avrebbe voluto essere un grande tragediografo: ogni volta che si misurava con la tragedia, però, finiva male, era un fallimento colossale. Una sola tragedia gli venne bene: la sua vita.

Dentro la sua sterminata (e un po’ invecchiata) produzione comica, c’è un testo che non ha paura dei secoli che passano e che, pur con un livore comico strepitoso, assomiglia alla sua tragedia personale e – al tempo stesso – al nostro mondo contemporaneo, alla nostra misera Italietta vittima degli stessi nemici di Molière: ipocriti, approfittatori, nepotisti, lobbisti, venduti, comprati e corrotti. Questo capolavoro fuori dal tempo è Il Misantropo, storia così tragica da diventar ridicola.

Alceste è un uomo integro, di sicuro un po’ rigido: non vuole mentire e non vuole essere accomodante in cambio di favori e falsi complimenti dalla corte di nani e ballerine che lo circonda e che vive di menzogne, spintarelle, amicizie di comodo. Come se questa etica ferrea non gli creasse abbastanza problemi, soffre pure la disgrazia di essere perdutamente innamorato della donna più bella, corteggiata e capricciosa della città, Selimene la velenosa: giovane e bella, con un milione di uomini intorno che appena lei apre bocca, respira, sospira o prende un tè, le piombano intorno, pronti a gridarle il loro infinito piacere di starle accanto, sfiorarla e corteggiarla. Bulimica di adoratori, Selimene non si accontenta dell’amore sincero di Alceste: vuole la devozione di tutti.
E Alceste, tutto ciò proprio non lo sopporta.

Scontento, irritabile, solitario, ha tutti contro. Tutti, tranne due solidi amici, molto diversi tra di loro: una ragazza serena, inutilmente innamorata di lui, e Filinto, il personaggio più misterioso e complesso di questa storia. Ha l’aria del bonaccione, perfettamente consapevole del “mondaccio” in cui vive, sufficientemente lucido per sopravvivere senza illusioni ma senza patirne le conseguenze, con una dose di ipocrisia moderata e condita dal sorriso amaro di chi sa che qualche compromesso è indispensabile. Per questo Alceste si infuria con lui, ma tutto sommato i due sono amici, per quanto Alceste lo accusi per tutto il primo atto delle peggiori abiezioni. Ma Filinto sorride e non lo abbandona mai.

In questo mondo di falsi amici tutto è pubblica schermaglia, carezze avvelenate e coltellate nascoste sotto i sorrisi: ogni complimento ha un secondo fine e serve a ottenere qualcosa, che sia un favore da nulla, un posto di lavoro o un trattamento speciale al prossimo concorso. A mano a mano che sprofondiamo in questo universo, è evidente che siamo finiti molto vicini all’assurdo mondo di Joseph K. e del Processo di Kafka: anche qui il nostro povero stupido ingenuo autolesionista Alceste subisce un misterioso processo. E tutti lo avvertono, proprio come fanno con Joseph K.: se non interviene secondo le vigenti regole della giustizia, il processo lui lo perderà, anche se non ha commesso nulla. Ma non è la colpa, il problema: l’inaccettabile errore è non farsi amici i giudici, non frequentare le loro case, non sorridere prostrato e compiacente, non diventare parte del popolo adorante e falso.

E dunque cosa può accadere al severo Alceste se non coprirsi di ridicolo e uscire tristemente sconfitto da ogni scontro? E purtroppo non c’è aggettivo più adeguato di ridicolo. Tutti ridono di lui, anche noi, perché la sua onestà non ha senso e porta con sé un peso totalmente inutile e ingiustificato, data la legalizzata falsità del tutto. Forse per questo Alceste mi piace tanto: don Chisciotte francese, spirito libero, capace di grande amore e di scelte difficili pur senza essere un uomo perfetto. Anzi. Esattamente come Molière, drammaturgo commediografo e attore, casinaro, pasticcione, innamorato geloso, ipocondriaco, malinconico e nevrastenico, ma come nessun altro capace di dipingere la ferocia del suo e del nostro tempo. Capace di perdere tutte le battaglie, ma sempre a testa alta. Per quel poco che possa servire, camminare a testa alta, in un mondo in cui tutti – la testa – la tengono bassa per leccar scarpe di piccoli viscidi feudatari o per mettere il milionesimo like sul loro telefonino. (Francesco Niccolini)

CONTEMPORANEO (Al Ridotto)

Mercoledì 12 Dicembre 2018 ore 21

FACTORY COMPAGNIA TRANSADRIATICA
Il Misantropo
di MOLIÈRE
traduzione e adattamento di FRANCESCO NICCOLINI
con Ippolito Chiarello, Angela De Gaetano, Sara Bevilacqua, Dario Cadei, Ilaria Carlucci,
Franco Ferrante, Luca Pastore, Fabio Tinella
regia di TONIO DE NITTO
Spettacolo realizzato in co-produzione con Accademia Perduta/Romagna Teatri

Biglietti: da 14 a 17 € + ddp.
Prevendite: mercoledì 12 dicembre dalle ore 10 alle ore 13 presso la Biglietteria del Teatro Masini. Nella sera di spettacolo la Biglietteria aprirà alle ore 20.
Prenotazioni telefoniche (0546/21306) tutti i giorni feriali dalle ore 10 alle ore 13.
Prevendite online su vivaticket.it
Info: 0546/21306 – www.accademiaperduta.it – Facebook: teatromasini – accademiaperduta

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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