Antonio Gramsci ha la capacità di parlare direttamente all’inquietudine delle coscienze. Leggerlo oggi dà l’impressione di leggere pagine scritte da un alieno; tale è la grandezza del personaggio in termini di valore assoluto (tra i pensatori politici più studiati al mondo), tale è la distanza, palpabile, tra quelle parole e la retorica da mass media alla quale ci siamo abituati.
Antonio Gramsci muore però nel 1927, lasciando noi un secolo dopo a interrogarci sulla sua eredità. Se da una parte la sua icona è ancora vessillo di una sinistra che professa i valori dell’antifascismo, della lotta operaia, ecc., dall’altra viene da chiedersi se i millennials, ovvero i prossimi adulti, i prossimi cittadini responsabili, si riconoscano veramente in quella fiducia cieca nella politica come strumento di emancipazione. La sensazione, infatti, è che mai sia stato così profondo lo scollamento tra U35 e politica. Se fosse vero, come Gramsci scriveva nel famoso articolo del 1917, che vivere significa essere partigiani, allora saremmo una generazione di morti che camminano. È su questa semplificazione che purtroppo marcia una gran fetta del discorso pubblico.
Ma qual è, allora, la verità? Quali sono i desideri, le motivazioni, le vere potenzialità di questo diffuso scontento? Avremo la capacità di rinnovare quegli strumenti di confronto collettivo che ci appaiono oggi così distanti dalle nostre vite private, vetusti, inattuali, autoreferenziali? O la nostra sfiducia generalizzata nelle impalcature democratiche, nel diritto di voto, nella manifestazione organizzata del dissenso, ci ha resi incapaci di pensare a un’alternativa alla realtà esistente? Gramsci, ancora nell’articolo sopracitato, scriveva: “L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera”. Come si può raccogliere un’eredità così intransigente quando il presente sembra così buio e privo di promesse? Dal nulla, in questa oscurità qualcuno ha acceso un fuoco. La notte del 10 novembre 2019 è stato deturpato un murales raffigurante il volto di Gramsci sul carcere di Turi, a Bari, dove il filosofo sardo trascorse 5 dei suoi 10 anni di prigionia e scrisse gran parte dei Quaderni dal Carcere. Una mano anonima ha scritto GAY sulla fronte con l’acrilico rosso. Gramsci Gay è diviso in due quadri. Nel primo quadro siamo nel 1920. Un Gramsci non ancora trentenne arringa gli operai torinesi all’indomani del fallimento dello storico sciopero delle lancette. Il secondo quadro è ambientato ai giorni nostri: Nino Russo, il nostro vandalo del murales di fantasia, viene colto in flagrante e trascinato in commissariato per un interrogatorio molto diverso da quello che si aspetta. Questi due eventi, a cent’anni di distanza l’uno dall’altro, tessono fili invisibili sui significati di impegno e disillusione, fiducia e indifferenza, fuoco e cenere.
Biglietti: prevendite e prenotazioni telefoniche (tel. 0544 975166) da venerdì 3 gennaio dalle ore 10 alle ore 13 presso gli uffici del Teatro Comunale con ingresso dal Viale della Stazione.
Prevendite on line: Vivaticket
Prezzi: 10 euro (intero); 5 euro (ridotto per under 29).
Info: 0544/975166 e www.accademiaperduta.it
TEATRO COMUNALE WALTER CHIARI
CERVIA
TEATRI D’INVERNO – Sguardi sulla Drammaturgia Contemporanea
Sabato 4 gennaio 2025 ore 21
Accademia Perduta/Romagna Teatri
STUDIO DOIZ
Gramsci Gay
di Iacopo Gardelli – con Mauro Lamantia
regia Matteo Gatta
scene e costumi Gaia Crespi – voce e tecnica Mattia Sartoni
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