MODENA – È intorno alla diagnostica e al restauro di una piccola mummia che si articola “Storie d’Egitto”, progetto scientifico che parte dalle analisi sui reperti che ne fanno parte, per riscoprire la raccolta egiziana dei Musei civici con una mostra che inaugurerà sabato 16 febbraio. Le indagini radiologiche (Tac e Rx) hanno costituito la base indispensabile per le analisi paelopatologiche e antropologiche che, insieme alle datazioni C14, hanno consentito di stabilire sesso, età e datazione del piccolo corpo imbalsamato conservato a Modena: si tratta di un bambino di tre anni vissuto fra I e II secolo d.C. in Epoca Romana.
Le iniziative sono state presentate in anteprima martedì 5 febbraio a Palazzo dei Musei da Gianpietro Cavazza, vicesindaco e assessore a Cultura e Scuola, Francesca Piccinini, direttrice dei Musei civici, Cristiana Zanasi, curatrice del Museo civico archeologico e della mostra “Storie d’Egitto” e la restauratrice Cinzia Oliva e la curatrice della sezione egiziana del civico archeologico di Bologna.
“Questa iniziativa – ha spiegato Cavazza – è una ulteriore dimostrazione della capacità dei nostri Musei di mettersi in rete con istituzioni e protagonisti importanti, tenendo insieme l’approfondimento scientifico e l’utilizzo di tecnologie avanzate con l’obiettivo di condividere con i cittadini le nuove conoscenze anche con linguaggi innovativi, senza mai trascurare gli aspetti didattici rivolti alle scuole”.
Prerequisito indispensabile per procedere al restauro è stata la conoscenza delle risultanze degli esami diagnostici, parte dei quali realizzati grazie alla disponibilità della Struttura di Radiologia dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, che ha effettuato le indagini richieste in orari straordinari, senza limitazioni al servizio pubblico. La mummia presenta una grande lacerazione e lacuna nella sezione superiore del torace, con distacco della testa (attualmente scheletrizzata) e mancanza dei piedi, confermata dalle indagini radiologiche (Tac). Per ovviare al degrado, nella sezione inferiore del corpo risultano inserite bende realizzate con un tessuto differente che le analisi hanno confermato essere di restauro. La diagnostica ha convalidato che sia le bende originali che quelle di restauro sono di lino.
“La prima operazione di restauro – ha spiegato Cinzia Oliva – riguarda la pulitura, eseguita con grande cautela per riconoscere e distinguere fra il materiale antico depositato sulle fibre (tracce organiche e/o di materiale legato alle tecniche di imbalsamazione) e quello moderno, dovuto ai prodotti dell’inquinamento, di attacchi biologici o di successivi interventi di restauro. La pulitura –– si esegue con un aspiratore chirurgico a bassa potenza e con pennelli di diversa morbidezza, mentre i depositi di polvere più persistenti vengono rimossi per leggera abrasione con spugne in gomma naturale vulcanizzata senza solventi e additivi. Per evitare di forzare o spezzare i tessuti e ripristinare parte dell’elasticità perduta si utilizza un umidificatore a ultrasuoni, che rilascia vapore acqueo a temperatura ambiente. Al termine – ha aggiunto Cinzia Oliva – va consolidato il bendaggio e recuperata ove possibile la forma originale del corpo. Nelle mummie l’impossibilità di procedere con lo sbendaggio impone una metodologia che intervenga solo sul lato a vista del manufatto. Per questa ragione – ha concluso l’esperta – si utilizzano come supporto tessuti trasparenti e anche sufficientemente elastici, come il tulle in nylon, per adattarsi alla forma tridimensionale del corpo.
Il tulle, precedentemente tinto di un colore adeguato, viene posizionato e cucito su se stesso, attraverso una fettuccia di lino, mediante un ago curvo chirurgico. La grande lacuna in corrispondenza del torace viene ulteriormente protetta da un inserto in tela di poliestere per impedire la fuoriuscita dei resti organici.
La mostra “Storie d’Egitto” sarà visitabile gratuitamente dal 16 febbraio 2019 fino al 7 giugno 2020.
Info online (www.museicivici.modena.it).
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