Sono 11 gli appuntamenti all’insegna di “D’io, Teatro e Famiglia” a Teatri di Vita (via Emilia Ponente 485, Bologna; tel. 333.4666333; teatridivita.it), in storie di relazioni tra madri, padri e figli, che si allargano all’intera società, intrecciando dramma e leggerezza, spettacolo, cinema e festa. Con un focus sui quattro vincitori e segnalati dell’ultima edizione del Premio Scenario, che porteranno a Teatri di Vita i loro spettacoli compiuti dopo il debutto milanese in gennaio.
La stagione prende il via con la grande e litigiosa famiglia de Le amarezze nello spettacolo corale di Andrea Adriatico che porta in scena per la prima volta il testo giovanile di Bernard-Marie Koltès. L’opera sarà in scena due settimane, dal 10 al 21 gennaio, con orari inconsueti e sperimentali nella prima settimana (da mercoledì 10 a venerdì 12, ore 17; sabato 13 e domenica 14, ore 11) per poi continuare con gli orari canonici dal 17 al 21 gennaio (ore 21, sabato ore 20, domenica ore 17).
Nella stagione incontreremo, poi, altre famiglie. Ecco padri e figli nel futuro distopico della clonazione in A number di Caryl Churchill, proposto dal Teatro Libero di Palermo con la regia di Luca Mazzone (26-27 gennaio). Ecco figli in cerca di padri e della loro memoria in Arturo di Laura Nardinocchi e Niccolò Matcovich, che coinvolgono attivamente il pubblico nei loro ricordi (22-24 marzo). Ecco figli in cerca di risposte di fronte ai misteri di una vita familiare vista come una fiaba in La costanza della mia vita del giovanissimo Pietro Giannini (15-16 febbraio, segnalazione Premio Scenario). Ecco madri in cerca o in fuga da figli nell’intenso concerto-spettacolo Tre voci di Tilia Auser, che riprende il radiodramma di Sylvia Plath dedicato a tre donne incinte (17-18 febbraio, segnalazione Premio Scenario). Ecco una madre morta attorniata da figli deboli e incerti nel grottesco La fabbrica degli stronzi che vede la collaborazione tra due formazioni come Kronoteatro e Maniaci d’Amore (8-10 marzo).
La famiglia subisce anche altre declinazioni e altre possibilità, come nell’intenso ritratto solitario di Luisa compiuto in forma di danza da Valentina Dal Mas (21-22 febbraio, vincitore Premio Scenario Periferie), o come nel senso di famiglia territoriale raccontato da Leonardo Tomasi nel surreale anonimasequestri che ci accompagna tra gli stereotipi della Sardegna (24-25 febbraio, vincitore Premio Scenario). Come nella vertigine della storia universale che ci vede come un’unica grande famiglia in Minuscoli granelli nel barattolo del cosmo di Alessio Genchi e Innocenzo Capriuoli (28 febbraio-3 marzo, prima nazionale), e nelle parole di Pier Vittorio Tondelli sulle possibilità alternative dell’amore, nel film La solitudine è questa di Andrea Adriatico (28 gennaio). Fino al Grande Ballo in Maschera di Martedì Grasso (13 febbraio), in cui attori e attrici, spettatori e spettatrici parteciperanno all’insegna dello slogan “D’io, Patria e Famiglia”.
C’è uno slogan tanto amato dai populisti di ogni angolo del pianeta, quelli che schermandosi dietro un Dio, che guarda caso è sempre dalla loro parte, ergono steccati in difesa di una malintesa ‘patria’ e di una strumentale ‘famiglia’, dimenticando che la patria è anche matria e che è fluida dentro e fuori i suoi confini, così come fluida è la famiglia, le sue relazioni, le sue potenzialità, nel bene grandioso di rapporti duraturi e nel male doloroso di quei rapporti così complessi.
La nuova stagione “D’io, Teatro e Famiglia” è realizzata in convenzione con il Comune di Bologna, con i contributi di Regione Emilia Romagna e Ministero della Cultura.
La stagione in abbonamento ha il costo di 60 euro.
Il prezzo dei biglietti continua a essere bloccato anche quest’anno ormai da diversi anni: 15 euro intero, 13 ridotto, e 9 euro per i giovani under 30; 6 euro per il film.
D’IO, TEATRO E FAMIGLIA
stagione gennaio/marzo 2024
da mercoledì 10 a venerdì 12 gennaio, ore 17
sabato 13 e domenica 14 gennaio, ore 11
da mercoledì 17 a venerdì 19 gennaio, ore 21
sabato 20 gennaio, ore 20
domenica 21 gennaio, ore 17
Le amarezze
di Bernard-Marie Koltès
traduzione di Marco Calvani
uno spettacolo di Andrea Adriatico
con Olga Durano e Marco Cavicchioli
e Anas Arqawi, Michele Balducci, Innocenzo Capriuoli, Rita Castaldo, Ludovico Cinalli, Nicolò Collivignarelli, Alessio Genchi, Giorgio Ronco, Myriam Sokoloff
scena Andrea Barberini, Giovanni Santecchia
aiuto scena Anna Chiara Capialbi
cura tecnica Lorenzo Fedi, Mirko Porta
produzione Teatri di Vita
con il contributo di Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna, Ministero della Cultura
In accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di François Koltès
L’opera “Le amarezze” è edita da Arcadiateatro Libri, “Bernard-Marie Koltès TEATRO – Volume 1”
prima rappresentazione in Italia
posti limitati
Non un semplice spettacolo, ma un’esperienza che si abbatte sui personaggi e contagia gli spettatori. Così Andrea Adriatico ricompone per la scena il primo testo teatrale di Bernard-Marie Koltès.
Un ragazzo al centro di un vortice di relazioni familiari e sociali, come in un sogno oscuro e indecifrabile, lacerato dai conflitti, dagli slanci dell’esistenza e dai presagi di morte: così il 22enne Koltès, nel 1970, ricostruiva per il teatro il romanzo autobiografico di Maksim Gor’kij Infanzia. Dovevano passare ancora sette anni prima che lo sconvolgente debutto di La notte poco prima della foresta ad Avignone Off lo lanciasse come uno dei più importanti drammaturghi francesi, che ha lasciato il segno con opere come Lotta tra negro e cani, Nella solitudine dei campi di cotone e Roberto Zucco, prima di morire di Aids nel 1989, a soli 41 anni.
Andrea Adriatico è stato il primo regista a portare in scena in Italia le opere di Koltès, in una lunga e intensa frequentazione, da quel monologo avignonese (ribattezzato L’ultima notte, 1991) a due riduzioni da alcune prose (Fuga, 1992, e Là dove ci si vede da lontano, 1994), fino a Il ritorno al deserto, 2007) e per la prima volta in Italia Quai ouest al festival Vie del 2013. Adesso, ancora per la prima volta in Italia, Adriatico esplora il cantiere teatrale adolescenziale di Koltès con Le amarezze. Titolo ambiguo, spiegato così dall’autore: “Come l’acido sul metallo, come la luce in una camera oscura, le amarezze si sono abbattute su Alexis Peskov”, il protagonista muto dell’opera, che è il nome vero dello scrittore russo dalla cui autobiografia Koltès ha preso ispirazione, e che scelse come pseudonimo letterario “Gor’kij”, ovvero “L’amaro”.
Così concludeva la presentazione della sua opera e del suo Alexis il 22enne Koltès: “L’hanno aggredito con la violenza e la rapidità della grandine e del vento, senza che un tratto del suo volto abbia avuto un fremito. Stracciato, bruciato, in piedi finalmente, ha fermato gli elementi come si soffia su una candela. E la sua voce ha trafitto il silenzio”.
“D’io, Teatro e Famiglia”
11 appuntamenti con il teatro e la danza
nella stagione gennaio-marzo di Teatri di Vita
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