RIMINI – Alla professoressa Fernanda Argnani, per più di quarant’anni insegnante di Lingue e Letterature Straniere nei licei e ad Aureliano Bonini, pioniere degli studi e delle analisi legate al turismo italiano e internazionale, è stato consegnato il Sigismondo d’Oro per l’anno 2022.
Una scelta che ha un evidente comun denominatore, valorizzare l’impegno di due cittadini che hanno contribuito con il loro impegno a lasciare non solo un segno personale, ma a dare un contributo decisivo alla formazione e a promuovere una crescita della collettività attraverso il valore dello studio, dell’educazione, della cultura e dell’analisi come fondamento indispensabile e da applicare ad ogni ambito dell’esperienza umana.
La cerimonia di consegna del riconoscimento è avvenuta lunedì pomeriggio al Teatro Galli.
La cerimonia è stata aperta dal saluto di fine anno del sindaco Jamil Sadegholvaad:
“Buonasera a tutti e benvenuti in questo straordinario luogo di armonia, arte, cultura e incontro. Lo scenario ideale per la cerimonia che assegna il Sigismondo d’Oro.
Non è un premio, è la festa della città, l’omaggio che Rimini fa a se stessa attraverso vite e storie che in modi differenti la interpretano, la esaltano, la rendono orgogliosa, ne testimoniano lo spirito del tempo e, contemporaneamente, uno sguardo possibile sul domani. Passato, presente e futuro: tutto che fluisce in maniera naturale lungo il fiume di vicende personali che hanno incrociato e continuano a incrociare i luoghi e l’anima di Rimini.
Fernanda Argnani, educatrice. Aureliano Bonini, esperto di turismo. La grandezza di una vita sta troppo stretta in una definizione, così come sfugge dal calcolo perfetto di un algoritmo la complessità di una scelta individuale o collettiva. A Fernanda e Aureliano, insigniti del Sigismondo d’Oro 2022, lascerò tra pochissimo la parola: sono loro i protagonisti e sarà bello e istruttivo sentire dalla loro voce l’amore e l’affetto che li lega a questa città.
Appena nati e il destino aveva già deciso per loro.
-Lei, Fernanda, figlia di gente di campagna, doveva ‘sposarsi giovane con un bel contadino e fare figli’. Non c’era una regola scritta, ma così era.
-Lui, Aureliano, con il posto garantito in banca, solida àncora nella provincia più sonnolenta. Due dopoguerra differenti ma con analoga traiettoria esistenziale, determinata da alcune persone che cambiano, senza dichiararlo, il corso delle nostre vite.
Queste persone esistono. Sono gli ‘amici geniali’ che magari non finiscono dentro i romanzi di successo, ma si chiamano, ad esempio, Ester e Demos.
Ester Zappaterra è la maestra elementare di Fernanda Argnani. E’ lei che va a parlare al padre dell’alunna e gli dice: ‘Guardi, sua figlia è eccellente. Deve continuare a studiare’. La risposta è in mezzo alle lacrime del genitore: ‘Maestra, non abbiamo i baiocchi’. Ma la famiglia si riunisce e, lo racconta Fernanda, ‘se non avessi avuto la maestra Ester, un papà tenero e un fratello maggiore disposto a sacrificarsi per dare l’aiuto economico necessario, la mia vita sarebbe stata completamente diversa. Non so cosa avrei fatto. Mi stupisco ancora di avercela fatta’.
Demos Bonini, spirito libero e pittore, chiama invece il figlio Aureliano al tavolo e gli dice: ‘Ascolta, il mondo si divide in due categorie: chi sa l’inglese e chi non lo sa’. E lo convince a partire per un Master a Londra al termine del quale, tornato a Rimini, gli si aprono le porte per una strada e una carriera completamente differenti dallo sportello di un istituto di credito.
Ad accomunare Fernanda e Aureliano le lingue straniere, allora insolita apertura mentale per chi nasce in provincia e convive con quel senso di inadeguatezza che non lo abbandona mai e può essere alternativamente o zavorra o molla, e più di tutto la capacità di scartare in maniera netta rispetto quel tracciato che altri avevano già scelto per loro.
Dice Fernanda ‘Ho vissuto 2 o 3 vite…Quando ho detto a mia madre che volevo proseguire con lo studio universitario, lei mi ha risposto che i soldi necessari dovevano servire per il corredo. L’Università Cà Foscari me la sono pagata da sola, lavorando in estate’.
Rimini, 150.467 mila residenti ufficiali, 68.450 famiglie, oltre 20 mila piccole e medie imprese.
Direbbe Aureliano, ‘non siamo normali. Perché solo noi siamo venuti fuori così e tutti gli altri tentano di imitarci?’. Spesso si discute di cosa sia Rimini, di dove vada Rimini, da dove provenga Rimini.
Credo che se una cosa si possa affermare della multiforme e contraddittoria città sia la sua straordinaria vitalità. Ci muoviamo dentro e fuori dalla Storia a un ritmo differente. Ci consideriamo anarchici e viviamo a modo nostro (che è altra cosa dal dire ‘come ci pare’), senza seguire nessun manuale.
Respiriamo con il Paese e per questo ci indicano come ‘anticipatori di mode e costumi’ ma poi, con naturalezza, ci teniamo lontani dal ventre molle dell’Italia.
Le statistiche faticano a incasellarci, come un numero 10 che non sai mai se sia più centrocampista o punta ma sai comunque che è un fuoriclasse. Quante volte hanno detto che eravamo finiti? Distrutti dai bombardamenti, investiti dal ciclone mucillagine, via gli stranieri, scomparse le discoteche, riminizzare che finisce nel vocabolario, eterna pietra di paragone per località che dicono ‘non vogliamo essere come Rimini’ ma poi cercano (invano) di copiarci. Tante volte nella polvere e ogni volta capaci di rialzarci e rinascere. Uguali e diversi allo stesso tempo. Alla nostra maniera. Che non è resilienza. E’ una diversità di fondo, che scaturisce comunque da una singolare apertura mentale al nuovo, senza puzza sotto il naso, senza fermarci a chi ci dice ‘non si può’, ‘quello è il limite’. In qualche modo Rimini è ponte tra la tradizione e il nuovo, sempre in movimento, sempre cangiante. Ed è il tempo di affermare senza vergogna tutto questo.
Il 2023 sarà per Rimini un anno differente e decisivo. Ci accostiamo ad esso con la convinzione che la chiave sia tenere unita la nostra comunità. Anche per questo abbiamo proposto un Bilancio in cui, sulla stessa riga, stanno il sostegno e l’aiuto alle famiglie attraverso un nuovo ‘pacchetto fiducia’ fatto di agevolazioni, detassazione, asili gratuiti insieme alle nuove scuole, ai lavori per la nuova area di sosta a Marina Centro, al Parco del Mare, al completamento della nuova rete idrico fognaria, alle sedi per i servizi comunali che tornano nei luoghi più decentrati. Le città non giustificano la loro esistenza solo se hanno edifici belli o nuovi ma devono crescere a misura di persona e per le persone.
Una delle cose più importanti che accadrà l’anno prossimo sarà la candidatura di Rimini a Capitale della Cultura 2026. Un obiettivo inimmaginabile solo 20 anni fa. Ci candideremo per quello che siamo, presentando le eccellenze storiche, artistiche, culturali della città e di tutto il territorio accanto a tutto quello che non è mai stato consuetudine o tradizione. Dovrà emergere l’assoluta unicità di Rimini di fare cultura, elevando a elemento collettivo di riflessione quello che prima non entrava nei musei, nelle accademie, nelle biblioteche.
Questo è uno dei più grandi e straordinari contributi che Rimini ha donato all’Italia: la città stessa è l’amica geniale- come Ester Zappaterra o Demos Bonini- grazie alla quale il resto del Paese ha potuto guardare al mondo con occhi diversi, arricchendosi e convincendo che il destino non è mai scritto e che si può ogni volta rinascere.
Rimini Capitale della Cultura non è un premio, non è un riconoscimento ma l’indicazione di una frontiera per la quale ci siamo preparati negli anni e che per questo deve diventare un orgoglio e un passaggio fondamentale nella vita della comunità locale.
Abbiamo la nostra interpretazione della parola ‘cultura’. Dentro ci sta il tempio malatestiano, Fellini e, a fianco, il fenomeno turistico anche con i suoi eccessi, la musica, quel nulla con cui una volta si bollava il cosiddetto ‘effimero’ e che invece oggi sappiamo che era pieno di molte cose. Ci candidiamo con la nostra differenza, non per essere uguali agli altri. Non è anarchia ma un senso profondo di umanità, tolleranza, libertà e perfino anticonformismo.
Ognuno di noi è pietra di questo ponte che rivolgiamo al futuro, al 2026 e oltre. Dovremo essere bravi a coinvolgere, a creare attesa e partecipazione intorno a quello che si configura non solo come la direzione strategica ma il momento in cui possiamo davvero raccogliere quello che abbiamo fatto e soprattutto che siamo. Non abbiamo solo cattedrali, musei, parchi, entroterra ma un’anima.
Un anno fa, al compimento del 100esimo anno, i tanti ex alunni, adesso genitori e forse nonni, ringraziavano Fernanda Argnani per le sue lezioni di francese, ricche di rigore e umanità: ‘Prof, non l’abbiamo mai dimenticata. Lei ci ha aiutati a vivere meglio’. Così come Aureliano Bonini che anche grazie a un viaggio a Londra, per l’epoca paragonabile all’oltrepassare le Colonne d’Ercole, ha saputo dare forma e struttura solida alla crescita prorompente e tracimante della nostra industria turistica, fino a assurgere a modello. Erano stati aiutati da piccoli a non considerare scritto il proprio destino, di moglie e di impiegato di banca, prendendo direzioni lontane, straordinarie, appaganti. A loro volta hanno restituito quel gesto di intelligenza e altruismo, contribuendo a cambiare e migliorare le persone e i contesti con cui sono venuti a contatto.
Sappiano ora la maestra Ester, il papà Demos che quell’alunna e quel figlio sono andati davvero lontano. E anche grazie a loro noi tutti, Rimini, vogliamo andare lontano.
Adesso tocca ai protagonisti di questa giornata. Non prima però di avere ringraziato il consiglio comunale, le istituzioni, i lavoratori, gli imprenditori, le famiglie, i giovani, tutti i riminesi che hanno consentito alla città di non fermarsi e continuare a essere la ‘meravigliosa incompiuta completa’ di sempre.
E voglio ringraziare le forze dell’ordine, per l’enorme lavoro che svolgono a favore del nostro territorio; un lavoro spesso ingiustamente sottovalutato nella percezione diffusa, a causa di interpretazioni statistiche incapaci di leggere le peculiarità della nostra provincia.
Voglio rivolgere un enorme grazie a Francesco Lambiasi, nostro vescovo dal 2007 e cittadino onorario. Ha svolto il suo percorso pastorale in anni molto difficili, tra crisi economiche e pandemia mondiali, grandi cambiamenti anche a livello locale; ma lo ha condotto sempre con enorme amore e umanità per questa comunità. Un altrettanto grande benvenuto lo rivolgiamo al nuovo vescovo di Rimini, Nicolò Anselmi. Un ricordo commosso verso le persone e i cari che ci hanno lasciato in questo 2022. Non li dimentichiamo. Grazie e buone feste”.
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