Di seguito l’intervento della presidente del Consiglio comunale, Maria Caterina Manca.
“Buongiorno a tutte e tutti. Apro questa seduta solenne del Consiglio comunale dedicata alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Saluto la vicesindaca, gli assessori, i consiglieri e le consigliere comunali; saluto tutte le personalità qui presenti, che sono venute qua da noi, e saluto ovviamente le autorità civili e militari. Nonché ovviamente i nostri ospiti, che ringrazio molto, il console generale della Repubblica Dominicana, il dottor Nelson Francisco Carela Luna, l’assessore alle attività diplomatiche del Comune di Genova e il viceconsole. Grazie di essere qua con noi.
Celebriamo oggi il 25 novembre, data in cui si celebra in tutto il mondo, come ben sapete, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una ricorrenza istituita dall’Onu nel 1999, che invita tutti i governi, le organizzazioni internazionali e le Ong a organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle più ignobili tra le violazioni dei diritti umani. È stata istituita, come ho già detto, nel 1999. Il tema risale a tanti e tanti anni, ai secoli dei secoli. Questa, dicevo, è una data che segna l’inizio, ed è importante sottolinearlo sempre, dei sedici giorni di attività contro la violenza di genere, che precedono non a caso la Giornata mondiale dei diritti umani, che si celebra il 10 dicembre, perché noi di questo parliamo, di questo si tratta: di una violazione dei diritti umani.
Ricordiamo alcune cose essenziali, che con l’espressione violenza di genere si indica qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale o che colpisce le donne in modo sproporzionato e sotto molteplici forme, perché tante sono le forme in cui si presenta la violenza: fisica, psicologica, economica, sessuale come atti persecutori, fino a giungere all’atto estremo, quello del quale purtroppo sentiamo e vediamo le conseguenze tutti i giorni, rappresentato dal femminicidio, ossia dall’omicidio di una donna in quanto tale, che si realizza quando l’uomo uccide la propria vittima in quanto non le riconosce il diritto di autodeterminazione, il diritto alla libertà. Questo è un concetto proposto dalla Società italiana di medicina legale, che mi sento di rappresentare e mi ci riconosco, riconosco questo termine, ciò che rappresenta, lo sento come professionista della materia, come medico legale, perché è stata la professione a rafforzare il mio interesse, il mio impegno politico su questo tema; e viene da una constatazione: la constatazione dei segni che accomunano le vittime, le vittime di femminicidio che sono indirizzate chiaramente, propriamente, purtroppo le vittime ce lo dicono chiaramente, ciò che resta di loro all’annientamento della donna in quanto tale.
Infatti l’aggressività, come ben descrivono gli studi in merito, studi specifici che sono tanti, è mirata prevalentemente al volto e alle parti specifiche del corpo femminile; sono segni che indicano la volontà di cancellare l’identità della vittima e sono segni che tendono a simboleggiare la supremazia del carnefice sulla stessa. Scusate, ma credo che questo sia importante ricordarlo, perché sono fatti e non parole.
Siamo di fronte a un reato che merita una legislazione specifica, si dice, e sono assolutamente d’accordo, perché – dice qualche collega – non solo hai ucciso, ma hai ucciso in quanto non hai riconosciuto il diritto alla libertà. Il concetto di femminicidio, ovvero, come ho ripetuto e ribadito, di una donna o di una ragazza in quanto tale è oggi riconosciuto dall’Onu come la manifestazione più estrema e brutale della violenza nei confronti delle donne. I numeri sono enormi: 89 mila nel 2022 sono state le donne uccise intenzionalmente secondo i dati dell’ufficio Nazione Unite contro la droga e il crimine, li avete sicuramente letti perché in questo periodo se ne parla e se ne riparla molto, visti i fatti ultimi che hanno attraversato l’Italia; nel 55 per cento si tratta di atti commessi da familiari e partner. Significa che ogni ora più di cinque donne vengono uccise da un membro della famiglia. È evidente che l’umanità è ancora indietro e ancora alle prese con disuguaglianze, disuguaglianze di genere profondamente radicate.
I dati raccontano di storie riferibili a un sistema che colpisce le donne a tutte le latitudini, un sistema fondato su un rapporto di potere squilibrato; e questo rapporto di potere è squilibrato chiaramente dalla volontà di un genere di dominare sull’altro.
Dicevo, nel 2022 in Italia 106 femminicidi, è quanto emerge, come sapete tutti, dall’ultimo report dell’Istat. Nel 2023, Giulia rappresenta la centocinquesima vittima, la centocinquesima donna ad essere uccisa. Questo femminicidio ha causato, come abbiamo potuto vedere, un’ondata emotiva forte e dirompente dell’opinione pubblica, ha riacceso le piazze di tutta Italia, quelle piazze rumorose e unite che chiedono a gran voce interventi concreti, subito, di educazione alla parità e al rispetto, di educazione – aggiungo – al valore del consenso. Atti concreti vengono richiesti, di prevenzione, urgenti e aggiungo improcrastinabili.
L’impegno della seduta solenne del Consiglio comunale odierno segna la consapevolezza che le ricorrenze sono importanti, in quanto avvicinano e richiamano anche i più distratti al dovere dell’impegno e del ricordo, pur sapendo che un giorno ovviamente non può bastare. Noi oggi vogliamo ricordare ciò che molti di noi probabilmente sanno, ossia che la data del 25 novembre non è casuale, ma è stata scelta dall’Onu per ricordare un triplice femminicidio: quello delle sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa), assassinate brutalmente il 25 novembre del 1960 da mandanti del dittatore Trujillo, il dittatore che sottomise la Repubblica Dominicana tenendola nel caos per oltre vent’anni, e di questo ci parleranno i testimoni di quell’epoca, ci parlerà il console Nelson. Sapete la storia. Le sorelle Mirabal, è importante comunque ricordarlo, avevano tentato di contrastare il regime di Trujillo e per questo furono assassinate. Grazie ai nostri ospiti, abbiamo l’onore di ospitare come relatore, che condividerà con il Consiglio e direi la città intera, chi ci segue, chi segue in streaming questo Consiglio, la sua esperienza personale su quanto accaduto. Lo ringrazio di cuore, di nuovo, per la disponibilità non scontata di essere qui con noi, visti i numerosi impegni che so lo coinvolgono, soprattutto in questo periodo.
L’altro ospite purtroppo, Rafael Francisco Taveras Rosario, non è riuscito a raggiungerci, ha conosciuto le sorelle Mirabal e prese parte direttamente agli eventi di quella giornata. Purtroppo mi è stato spiegato che non è riuscito ad arrivare, perché ci sono stati dei problemi burocratici legati al passaggio in Spagna. A questo punto io chiudo. Oggi quindi rievochiamo, insieme a questi importanti testimoni un fatto storico, che assumiamo come emblematico del fenomeno della violenza contro le donne, purtroppo in costante crescita e ovviamente il nostro atto è di condanna ferma a quello che sta succedendo. Ringrazio. Saluto anche gli e le studenti che sono qua con noi tra il pubblico”.
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