PIACENZA – Nota di Massimo Baucia, conservatore del Fondo Antico della Biblioteca Passerini Landi:
E’ con vera soddisfazione che si accoglie oggi il ritorno in città e in Biblioteca del Ms. Pallastrelli 43 delle cui vicende collegate al recupero ci ha riferito il capitano Francesco Provenza. E’ questa la felice conclusione di una serie di eventi che dimostrano la perseverante vigilanza e l’organizzazione efficiente di tutte le istituzione preposte a tutelare il patrimonio culturale: degli organi centrali e periferici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e delle istituzioni locali, che tra loro collaborano e, soprattutto, dei Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale, che nel Comando di Monza ha certamente un punto di eccellenza.
E’ tuttavia dolorosamente vivo il ricordo della sottrazione di un certo numero di volumi antichi a stampa e di manoscritti del cospicuo patrimonio antico della nostra biblioteca, nel 1985, mentre la sede storica di Palazzo San Pietro era chiusa per quei lavori che, originati nell’immediato dalla necessità di riparare il tetto – rovinato dall’abbondante nevicata di quell’anno – e di adeguare gli impianti alle norme di sicurezza, proseguirono, nel corso del decennio successivo, con un sostanziale riassetto e rifunzionalizzazione degli spazi. Furono così create le premesse a che la Passerini-Landi potesse diventare quale la conosciamo oggi: luogo agibile alla cittadinanza, che riconosce in essa un attivo centro di proposte culturali e vi trova raccolte librarie e documentarie profilate in modo da favorire la formazione permanente e l’informazione per diversificate tipologie di utenti, anche mettendo a disposizione risorse digitali e fuibili on line; luogo accogliente, aperto alle associazioni e a quanti propongono la propria collaborazione nel creare eventi di comune interesse; luogo di espressione della creatività per le esposizioni di lavori degli allievi delle scuole cittadine e di opere di artisti; luogo di promozione della lettura rivolta ai piccoli e ai più giovani con la Biblioteca Ragazzi Giana Anguissola; istituzione, infine, disponibile all’incontro con la città anche nelle sue sedi decentrate e nel punto di prestito del quartiere Besurica di recente apertura, che moltiplicano le possibilità di accesso. Grazie a quegli adeguamenti della sede storica, a partire dal 1997, la biblioteca ha potuto anche cominciare a ricoprire il ruolo che naturalmente le toccava tra le biblioteche del territorio, costituitesi poi nel Polo Bibliotecario Piacentino – inizialmente e fino a tempi recenti coordinato e sostenuto economicamente dalla Provincia, ora autofinanziato dagli enti aderenti, supportato dai contributi regionali e gestito Comune di Piacenza –, che mette a disposizione dei piacentini i cataloghi on line delle loro biblioteche e servizi progettualmente condivisi e coordinati.
I lavori in corso sono un momento certamente delicato per tutela e la conservazione del patrimonio documentario delle istituzioni. Le statistiche potrebbero utilmente illuminarci sulla coincidenza tra lavori in corso, o comunque prolungate chiusure, e furti. Nel 1985, l’immediato recupero di una parte di quanto sottratto mise in moto operazioni di riscontro su tutto il posseduto della Biblioteca, dai manoscritti ai libri antichi, coordinate dal direttore dott. Carlo Emanuele Manfredi, che profuse ogni sua energia. Le risultanze furono trasmesse alle autorità inquirenti e gli elenchi furono inseriti nel database delle opere ricercate. E proprio grazie a quel lavoro, i cui esiti furono diffusi, capillarmente e pressantemente, anche presso le maggiori biblioteche e le più prestigiose case d’asta – chiamate a collaborare nel caso in cui alcune di quelle opere fossero state proposte loro –, si ebbero segnalazioni che portarono talora ad altri recuperi; che l’attenzione non sia mai venuta meno e sia tuttora alta è provato dal fatto che con una certa frequenza ci viene proposto di esaminare opere di dubbia provenienza incluse in quegli elenchi. Purtroppo non sempre l’identificazione può essere certa, come è invece accaduto in questo caso.
Tocca a me, come Conservatore del Fondo Antico della nostra biblioteca, parlarvi brevemente del manoscritto che oggi ci viene restituito. Intendo farlo non tanto assecondando l’interesse curioso e forse giallistico per le modalità e gli elementi sui quali è stato possibile fondare l’incontrovertibile riconoscimento, quanto piuttosto per sottolineare l’importanza intrinseca del bene che oggi torna alla ‘sua’ città. ‘Sua’!, davvero. Ce lo dice intanto la nota di possesso, fortunatamente non completamente rimossa, dalla carta di guardia anteriore, che ne indica l’appartenenza a «… Vincenzo Benedetto Bissi ex Canonico Regolare del SS. Salvatore e Proposto della Cattedrale». Oltre a ricordarci lo studioso piacentino, collezionista appassionato di memorie patrie e di monete e di reperti archeologici, essa ci richiama alla mente come i libri del Bissi e di altri studiosi piacentini – dall’erudito secentesco Pier Maria Campi allo storico e bibliotecario Cristoforo Poggiali – siano stati raccolti e lasciati alla Biblioteca Comunale Passerini-Landi dal conte Bernardo Pallastrelli, segno questo dell’avvedutezza lungimirante dello studioso e di una religiosa attenzione per i documenti sui quali si era costruita progressivamente, dal Sei all’Ottocento, la tradizione storiografica piacentina. Lo sottolinea ancora proprio la traccia del cartiglio rimosso dall’interno del piatto anteriore, le cui dimensioni coincidono con quelle dei cartigli dei manoscritti del Fondo Pallastrelli. Ma lo afferma perentoriamente, soprattutto, il contenuto del manoscritto così strettamente legato alla storia istituzionale, economica e sociale della città. Il manoscritto ci conserva infatti la matricola del paratico dei fabbri ferrai di Piacenza, gli statuti quattrocenteschi del paratico preceduti dalla rubrica dei capitoli degli statuti, la conferma degli statuti da parte del duca di Milano e altri documenti che aggiornano singole disposizioni degli statuti. Proprio da ciascuna di queste parti, confrontate con la descrizione di cui la biblioteca dispone, si possono acquisire dati dirimenti circa l’identificazione del manoscritto. La matricola (cioè l’elenco degli artigiani appartenenti al paratico), per esempio, reca integrazioni di iscritti sino all’anno 1618, come risulta dalla descrizione, il numero degli articoli dello statuto coincide perfettamente, così come la distribuzione del testo alle varie carte e il loro numero complessivo. Ma pensiamo piuttosto a quanto sia importante disporre, per il tramite di questo elenco che ci tramanda i nomi di operosi artigiani, di uno spaccato della vita quotidiana della città e a come gli statuti ci offrano informazioni sull’organizzazione della loro attività e delle regole cui dovevano attenersi per esercitare la loro arte. Pensiamo ancora a come l’evoluzione delle norme possa mostrare l’evoluzione del contesto sociale in cui il paratico si collocava e a come il confronto con documenti analoghi delle città vicine possa disegnare il quadro di una comune organizzazione che si va progressivamente costruendo pur nelle specificità di ognuna. Consideriamo lo stesso processo esteso alle altre arti: ai mercanti, ai mugnai, ai lanaioli, ai tintori, ai formaggiai e, su di un altro piano, ai notai, agli speziali, ai medici e così via; ai rapporti gerarchici di subordinazione che tra questi paratici progressivamente si stabiliscono. Coglieremo così la vita pulsante di Piacenza nel suo dispiegarsi, non meno che dalle cronache cittadine. E’ questo un percorso storiografico veramente affascinante che ha impegnato generazioni di studiosi delle diverse città italiane nell’edizione di questa tipologia di documenti, nel loro studio e raffronto. Per Piacenza va ricordato proprio Bernardo Pallastrelli con la sua edizione degli Statuta artis lanificii civitatis et episcopatus Placentiae (1869) e piace pure ricordare il più tardo Vincenzo Pancotti, editore di statuti nei tre volumi I paratici piacentini e i loro statuti (1925, 1927, 1930), che costituiscono fonti imprescindibili. Proprio queste opere consentono, tra l’altro, di farsi un’idea del numero di statuti di paratici conservati non soltanto nella nostra biblioteca, ma negli archivi e confluiti all’Archivio di Stato. E’ dal loro studio comparato, forse più che dallo studio del singolo documento, che sono derivate le acquisizioni storiografiche più rilevanti; infine, è la serie documentale che conta. Ma, se come parrebbe, una rondine non fa primavera, quando una rondine ritorna al suo nido è comunque una bella giornata.