Sullo “European Heart Journal” uno studio internazionale coordinato dal docente dell’Università di Parma Giampaolo Niccoli
PARMA – I rischi cardiaci non vengono solo dai cosiddetti “fattori tradizionali” (colesterolo, diabete, ipertensione, fumo), ma anche da fattori diversi e più estesi. Lo dimostra ad esempio il fatto che almeno il 15% delle persone colpite da infarto non presenta alcun fattore di rischio noto. È dunque necessario allargare l’orizzonte e far luce sui nuovi pericoli dai quali proteggersi.
È quanto si legge in un articolo recentemente pubblicato dalla rivista “European Heart Journal” a valle di uno studio internazionale coordinato dal docente dell’Università di Parma Giampaolo Niccoli con un gruppo di esperte ed esperti della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, di Sapienza Università di Roma, della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York e della Case Western Reserve University di Cleveland.
Il termine che riassume l’impatto dei nuovi fattori di rischio è esposoma, nel quale convergono l’inquinamento (dell’aria, del suolo, dell’acqua, esposizione a sostanze chimiche), fattori socio-economici e psicologici (stress, depressione, isolamento sociale) e anche malattie infettive come l’influenza e il Covid-19.
Anche se i trattamenti contro i fattori di rischio tradizionali sono diventati sempre più efficaci, tuttavia la cardiopatia ischemica resta la principale causa di morte nel mondo: questo suggerisce appunto che ci siano altri fattori a determinare una persistenza del rischio.
Per questo l’attenzione si sta allargando a tutto ciò che ci circonda: dall’inquinamento ai virus, dai problemi economici a quelli psicologici che, a loro volta, possono contribuire in maniera sostanziale a determinare e perpetuare il rischio di cardiopatia ischemica. Questi nuovi fattori interagiscono tra di loro e con quelli tradizionali amplificandone l’impatto negativo. Ecco perché è necessario considerarli nella loro totalità, includendoli nel nuovo paradigma dell’esposoma.
Il lavoro pubblicato dallo “European Heart Journal” fa il punto su come l’esposizione a lungo termine all’esposoma possa contribuire alla comparsa di cardiopatia ischemica e suggerisce quali potenziali strategie di mitigazione del rischio andrebbero messe in atto. Strategie, è importante sottolinearlo, che non riguardano solo la singola persona: il trattamento dell’esposoma è infatti più complesso rispetto a quello dei fattori di rischio tradizionali, poiché alla responsabilità individuale si aggiunge la necessità di azioni di politica ambientale e di mitigazione più generali e d’impatto collettivo.