A Rimini calano gli sfratti eseguiti con la forza pubblica

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237 nel 2016, il numero più basso degli ultimi 6 anni. Più di un milione le risorse investite sul sostegno casa nel 2016. Graduatorie più snelle nell’edilizia pubblica grazie alla nuova normativa anti evasione, 300 in meno in 3 anni. Il Vicesindaco Lisi: ”Ora aumentare il turnover negli alloggi pubblici”

_palazzo-del-municipio-riminiRIMINI – Sono stati 237 gli sfratti eseguiti nella provincia di Rimini, nel corso del 2016, con l’intervento della forza pubblica; si tratta del numero più basso dal 2010 ad oggi, un lasso di tempo che ha visto negli ultimi due anni una riduzione progressiva (248 nel 2015), contrapposto ad un trend passato mai sceso sotto i 264 e che vede i suoi picchi rispettivamente nel 2014 (319) e 2012 (301). Il disagio abitativo assume oggi una connotazione complessa e variegata che esige, per essere contrastato, la messa in campo di una serie di interventi differenziati per dare risposte intrecciate con quelle lavorative e sociali. Le risorse complessivamente investite dal Comune di Rimini sul disagio abitativo ammontano complessivamente a circa un milione di euro, e vanno dai contributi per il pagamento delle utenze a quelli per lo sfratto e lo svantaggio economico o le vulnerabilità, dall’emergenza abitativa all’albergo sociale, dagli investimenti infrastrutturali sugli alloggi ai progetti di inserimento più sperimentali come l’housing first.

Tra questi servizi una voce a parte merita, nel settore casa, quello relativo all’aiuto dato per la così detta morosità incolpevole, ossia quando, a causa di un motivo molto grave che va al di là della propria volontà, l’affittuario non riesce a pagare l’affitto. Un contributo governativo che a Rimini è stato utilizzato in poco più di due anni per circa 112 casi (con 86 famiglie sostenute), investendo complessivamente più di 440 mila euro, utilizzati per il rinvio di sfratti o l’estinzione degli stessi, dando così la possibilità alle persone di poter firmare un nuovo contratto con lo stesso proprietario o effettuare il deposito cauzionale per un nuovo alloggio.

Quello della casa è anche il problema principale di circa il 50% dei 1.200 cittadini presentatisi allo sportello sociale dei servizi comunali di via Ducale nel 2016. Tra gli interventi di welfare avviati in questa fascia di popolazione rientrano sia i contributi al pagamento delle utenze domiciliari (le bollette), il contributo per l’affitto e, generalmente, l’aiuto economico.

L’albergo sociale è invece una sperimentazione innovativa grazie alla quale, nel corso dei primi tre anni, si è potuto dare risposta a 55 persone (tra cui 16 minori, 31 donne e 24 uomini) e un totale di 33 nuclei famigliari di persone sottoposte a sfratto. Il progetto interviene, offrendo ospitalità temporanea, in un momento dove il disagio abitativo rischia di diventare una vera e propria emergenza, come quanto si arriva alla data di esecuzione dello sfratto, senza che il nucleo familiare si sia potuto attivare per reperire una nuova soluzione abitativa.

Grazie alla nuova normativa che recepisce l’obbligo della presentazione del nuovo Ise per chi richiede servizi pubblici è stato invece possibile ridurre la graduatoria di edilizia residenziale pubblica di più di 300 persone in tre anni (700 addirittura se si calcola il picco massimo di 1.900 domande). Questa riduzione è in parte frutto delle nuove disposizioni a contrasto dell’evasione fiscale e contro i furbetti delle case popolari; grazie all’obbligatorietà del nuovo Ise è infatti più agevole per il pubblico (e rischioso per il privato) incrociare dati che permettono l’emersione dell’eventuale presenza di patrimoni immobiliari e reddituali nascosti e non dichiarati. Disposizioni che insieme ai protocolli e al lavoro di scambio e collaborazione tra i nostri uffici, la prefettura e le forze dell’ordine, stanno dando risultati interessanti che ci spingono ad investire ulteriormente in questa comune direzione.

“Prevenire il disagio abitativo, sostenere le famiglie sotto sfratto, favorire il turnover nell’edilizia pubblica – commenta Gloria Lisi, Vicesindaco con delega alla protezione sociale del Comune di Rimini – sono i principali obiettivi per cui l’amministrazione comunale ha messo in campo una corposa e variegata serie di servizi e contributi sull’emergenza abitativa. I numeri del 2016 dimostrano l’importanza del welfare locale nell’ammortizzare l’emergenza sfratti. Grazie ad una serie di interventi tesi sia a prevenire (attraverso i contributi all’abitare, al pagamento delle utenze e al sostegno economico) l’aggravarsi dei casi in emergenza, sia ad attutire le conseguenze per coloro già vittime di provvedimenti di sfratto. I nostri servizi sono una stampella che serve per rimandare il più possibile questo momento e a gestire per alcuni mesi, pagando situazioni abitative di emergenza, i momenti più critici. Se a questa stampella non si unisce quella di un lavoro o di un aiuto del tessuto famigliare, purtroppo rischia di essere un rimedio temporaneo, ma non risolutivo.

Anche l’ente locale più attento a questo settore non può però continuare a farcela da solo senza un maggior sostegno da parte dello Stato. Un tabù da abbattere in maniera ormai improrogabile è quello della permanenza nelle case popolari, che non può essere a vita ma per lo stretto necessario ad uscire dall’emergenza. La priorità è favorire il turnover anche grazie alle nuove norme, efficaci, di contrasto all’evasione fiscale e alle false dichiarazioni su redditi e patrimoni, una direzione intrapresa anche grazie alle proficue collaborazioni con prefettura e forze dell’ordine.

Se, messi nero su bianco, i risultati emersi dai dati del 2016 evidenziano l’efficacia dei servizi sociali del Comune, a livello personale e sociale, l’impatto umano che ogni singolo sfratto causa nelle assistenti sociali e negli operatori è però enorme. Un lavoro di cura che va ben oltre al sostegno economico e alla legge dei grandi numeri. Un lavoro enorme, di cui ringrazio di cuore i nostri professionisti, che non appare nei bilanci e nei report ma che fa la differenza quando oltre la casa, le persone che si rivolgono a noi, rischiano anche di perdere la speranza in se stesse e nel futuro”.