Come riportato da Ferdinando Arisi, il prezioso reperto – uno dei più importanti dell’Italia settentrionale – fu rinvenuto nell’agosto del 1938
PIACENZA – E’ stata ricollocata ieri mattina, nella nicchia sul pianerottolo al primo piano dello scalone di Palazzo Farnese, in attesa del definitivo allestimento all’interno della Sezione romana del Museo Archeologico in fase di progettazione, la statua di Kleomenes, risalente, secondo l’opinione prevalente degli studiosi, al primo secolo avanti Cristo. Come riportato da Ferdinando Arisi, che fa riferimento a quanto scrive Aurigemma sulla Strenna del 1939, il prezioso reperto – uno dei più importanti dell’Italia settentrionale – fu rinvenuto nell’agosto del 1938, a tre metri e mezzo circa di profondità, tra piazza Cavalli e piazzetta San Francesco, durante gli scavi delle fondamenta dell’attuale sede Inps.
La scultura, di proprietà dello Stato ma custodita presso i Musei Civici cittadini grazie alla convenzione stipulata con il Ministero dei Beni Culturali nel 1985, era stata esposta su un basamento al centro dello stesso pianerottolo fino al 1998, quando fu concessa in prestito alla mostra sulla via Postumia organizzata a Cremona. Da allora non era stata più visibile, bensì tenuta, per ragioni conservative, nei Depositi civici. Ieri mattina – al rientro dall’esposizione bresciana “Roma e le genti del Po” – ne è stata completata la temporanea sistemazione che consentirà, ai visitatori di Palazzo Farnese, di ammirarla nuovamente.
Il busto e i piedi sono andati perduti, ma si stima che la figura intera raggiungesse i tre metri di altezza. Sul fascio di pieghe scolpito a lato della gamba sinistra si legge l’iscrizione “Kleoménes Athenaios Epoiesen”, firma che richiama la nota famiglia di scultori e copisti greci attiva a Roma. Se è pressoché unanime la valutazione che fosse originariamente ancorata al muro o inserita in una nicchia di un edificio sacro non identificabile, si dividono invece le interpretazioni sul soggetto: chi vi identifica una figura femminile – ricollegandola al modello della cosiddetta Afrodite di Capua – e chi, invece, vi ha ravvisato una rielaborazione apollinea, attribuendovi carattere maschile. Considerazioni storiche e stilistiche, tuttavia, come riporta il catalogo della recente mostra di Brescia, sembrano orientare più in favore della prima ipotesi, propendendo per l’ipotesi di un legame con il culto di Venus Genitrix/Victrix e con l’azione di propaganda personale di Cesare, che nel 59 a.C. aveva concesso la cittadinanza romana ai coloni greci di Novum Comum per meriti economici e artistici.