BOLOGNA – Il 34% dei bolognesi sotto i trent’anni lavora o ha lavorato in nero, la “forma” di lavoro più diffusa che le rilevazioni istituzionali fanno fatica a tracciare, percentuale leggermente inferiore alla media nazionale (35%).
È quanto emerge da “I giovani tra mercato e non mercato” l’indagine biennale su campione realizzata e promossa da Fondazione Unipolis e curata da Fondazione Adapt con l’obiettivo di valorizzare le tante transizioni che un giovane compie prima di costruire una stabile identità professionale. L’attenzione è in particolare alle tante esperienze in aree grigie svolte fuori dal mercato del lavoro, ma che hanno valore economico e sociale: lavori in nero, tirocini curricolari ed extracurricolari e volontariato. Utilizzando un campione nazionale di giovani che a livello anagrafico hanno fra i 15 e i 29 anni di età, lo studio si è concentrato in tre regioni Lombardia, Emilia-Romagna e Sicilia con oltre 1.100 questionari compilati.
Il 34% dei bolognesi sotto i trent’anni lavora o ha lavorato in nero
Dai dati della ricerca emerge come 1 bolognese su 3 lavora o ha lavorato in nero. Il 20,7% è, invece, impiegato con un contratto a chiamata, il 14,2% ha un contratto di collaborazione occasionale, il 9% è stato impiegato come stagionale, mentre solo il 4,5% ha un contratto indeterminato e il 3,2% determinato.
Per quanto riguarda l’area di attività, la maggior parte dei lavori in nero è in aiuto compiti, svolto
dal 52,8% del totale dei bolognesi che hanno indicato di aver compiuto un’esperienza di lavoro in nero, seguito dalla baby-sitter (22,6% del totale) e da mansioni inerenti all’ambito della ristorazione, come cameriere o aiuto cuoco (7,5% del totale).
Nonostante lo studio evidenzia come la crisi pandemica abbia penalizzato soprattutto i giovani coinvolti in esperienze di lavoro irregolare, a Bologna nessuno dei partecipanti al questionario svolgeva un lavoro nero durante i mesi della pandemia.
Solo il 20% dei bolognesi ha maturato competenze tecniche grazie ai tirocini
Un’altra area grigia riguarda i tirocini curricolari ed extracurricolari: nonostante siano ampiamente riconosciuti come un’occasione per maturare competenze, seppur con una netta prevalenza delle competenze soft, solo il 20% dei bolognesi ha dichiarato di aver maturato competenze tecniche.
Interrogati sull’incidenza dei tutor formativi nello sviluppo di competenze, la maggior parte dei bolognesi ha riconosciuto un ruolo non importante a questa figura. Solo il 27,97% dei bolognesi ha, infatti, ritenuto “abbastanza importante” la funzione del tutor e solo il 29,7% dei giovani ha dichiarato di non essere stato impiegato in “attività routinarie a scarso contenuto formativo”.
La pandemia ha influito anche sul lavoro regolarizzato: il 37,5% dei ragazzi residenti o domiciliati a Bologna, che svolgevano un tirocinio (curriculare o extracurriculare), ha interrotto l’esperienza.
Oltre il 60% dei bolognesi è impegnato in attività di volontariato
L’analisi mostra, infine, come a Bologna, il 69,3% dei ragazzi abbiano svolto attività di volontariato.
Più del 62% degli intervistati ritiene che tale attività sia un’occasione per sviluppare competenze di vario tipo, soprattutto la “capacità di pianificare e organizzare” e la “flessibilità” per il 55,30% dei ragazzi. Competenze che, nella percezione dei ragazzi appaiono utili per il percorso di studio (39,46%) e per la ricerca di un’occupazione (36%).
In questo quadro arriva una nota positiva guardando al futuro: quasi 1 bolognese su 2 guarda al proprio futuro lavorativo con ottimismo e speranza.
Tra le diverse soluzioni proposte da Fondazione Adapt e Unipolis vi sono: la messa in rete di osservatori dedicati al mercato del lavoro; la necessità di evitare abusi nell’utilizzo dei tirocini finanziati da Garanzia Giovani, con una maggiore responsabilizzazione degli enti promotori (scuole, università, agenzie per il lavoro, centri per l’impiego); l’utilizzo dell’apprendistato duale come strumento per la costruzione sociale dei mestieri, attraverso il protagonismo di scuole, università e parti sociali e la costruzione in ciascun istituto scolastico e formativo di uffici di placement con progettisti che interloquiscano con il sistema imprenditoriale, per attivare percorsi di alterna formativa di qualità.
Fondazione Unipolis
Fondazione Unipolis è la fondazione d’impresa del Gruppo Unipol, del quale costituisce uno degli strumenti più rilevanti per la realizzazione di iniziative di responsabilità sociale, nel quadro della più complessiva strategia di sostenibilità. In linea con questa scelta di lungo periodo, la Fondazione persegue – senza scopo di lucro – obiettivi di crescita culturale, sociale e civile delle persone e della comunità, privilegiando l’attenzione e l’impegno nei confronti dello sviluppo della conoscenza e della formazione.
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Unipol è uno dei principali gruppi assicurativi in Europa e leader in Italia nel Ramo Danni (in particolare nei settori Auto e Salute), con una raccolta complessiva pari a circa 14,0 miliardi di euro, di cui 8,2 miliardi nei Rami Danni e 5,8 miliardi nei Rami Vita (dati 2019). Unipol adotta una strategia di offerta integrata e copre l’intera gamma dei prodotti assicurativi e finanziari, operando principalmente attraverso la controllata UnipolSai Assicurazioni S.p.A.. Il Gruppo è attivo inoltre nell’assicurazione auto diretta (Linear Assicurazioni), nell’assicurazione trasporti ed aviazione (Siat), nella tutela della salute (UniSalute), nella previdenza integrativa e presidia il canale della bancassicurazione (Arca Vita, Arca Assicurazioni e Incontra). Gestisce inoltre significative attività diversificate nei settori del recupero crediti (UnipolRec), immobiliare, alberghiero (Gruppo UNA), medico-sanitario e agricolo (Tenute del Cerro). Unipol Gruppo S.p.A. è quotata alla Borsa Italiana.