Ostriche e sabellarie, quest’ultime piccoli policheti che aggregano la sabbia, formano “biocostruzioni” naturali che, spiega l’ecologo prof. Massimo Ponti dell’Università di Bologna, coordinatore del progetto, erano molto diffuse in passato. Banchi naturali di ostriche lungo le nostre coste sono descritti dal militare nonché scienziato bolognese Luigi Ferdinando Marsili in un manoscritto del 1715. Oggi di questi banchi restano misere tracce, mentre le scogliere di sabellarie, delicate ed effimere per loro natura, persistono solo in pochi tratti costieri, come habitat marginali, spesso associate alla presenza di barriere frangiflutti artificiali. Queste due specie, ostriche e sabellarie, sono in grado di creare strutture tridimensionali ricche di nicchie ecologiche che consentono un’elevata biodiversità e un habitat adatto per la riproduzione di molte altre specie. Tra i servizi ecosistemici che sono in grado di fornire ci sono il miglioramento della qualità dell’acqua, grazie alla loro continua azione filtrante, e il sequestro dell’anidride carbonica, grazie alla formazione dei gusci calcarei. Le strutture naturali che formano possono trattenere i sedimenti e dissipare l’energia delle onde, contrastando mareggiate, erosione costiera e subsidenza, che qui sono particolarmente intense. Difendendo la costa, esse aiutano a proteggere la spiaggia, luogo di deposizione per gli uccelli fratini e le tartarughe marine, e anche i retrostanti habitat costieri come le dune e la pineta, ricchi di specie rare e in pericolo. Essendo strutture viventi, queste biocostruzioni, hanno il potenziale per adattarsi e, in una certa misura, contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, come l’innalzamento del livello del mare e l’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi di tempeste e inondazioni, contribuendo alla resistenza e alla resilienza dell’ecosistema marino costiero.
Il progetto, della durata di 4 anni, inizierà con i rilievi della zona sommersa ed emersa per poter progettare la collocazione e le dimensioni finali della scogliera, tenendo conto di profondità, regime idrologico e sedimentario, utilizzando sofisticate simulazione numeriche e prove nella nuova vasca marittima dell’Università, come illustra la prof.ssa Renata Archetti, ingegnere idraulico dell’Università di Bologna. Per poter consentire l’insediamento di queste specie sarà poi creata un base di frammenti calcarei su cui saranno posate le giovani ostriche e piccole colonie di sabellarie che fungeranno da nuclei di aggregazione.
Il progetto vedrà impegnati insieme biologi, ecologi, geologi, ingegneri e topografi di due dipartimenti dell’Università di Bologna (BiGeA e DICAM), del Comune di Ravenna, del Parco del Delta del Po, nonché della società Proambiente, spin-off del Centro Nazionale delle Ricerche. Alla Fondazione Flaminia, con il suo Centro per l’Innovazione CIFLA e il Tecnopolo di Ravenna, è affidato il compito di comunicazione e raccordo con il tessuto sociale e produttivo del territorio. Durante tutto il progetto gli habitat e il sistema costiero saranno accuratamente sorvegliati e monitorati, anche con il coinvolgimento della cittadinanza e il supporto dell’associazione Reef Check Italia ETS.
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