Domanda della consigliera Cocconcelli
“Nell’ambiente sanitario ha suscitato notevole perplessità la presenza dell’accensione della luce rossa che compare al settimo giorno di ricovero presso un reparto di Medicina dell’Ospedale Maggiore. Lo stesso Assessore Barigazzi, Presidente CTSS, si è mostrato cauto verso questa novità (vedi articolo Resto del Carlino), la cui utilità non solo sfugge alla sottoscritta in qualità di Medico, ma anche ai Sindacati di categoria che non sono stati preavvertiti. Chiedo all’Assessore: una valutazione politica nel merito; se fosse stato preavvertito in quanto Presidente CTSS; se ritiene opportuna la necessità di condividere “l’accensione della spia rossa” col Personale Sanitario che gestisce e programma ricoveri e dimissioni in prima persona”.
Risposta dell’assessore Barigazzi
“Grazie. Ovviamente ho già risposto. Le dettaglio meglio la cosa perché credo che comunque recuperandola possa avere invece una qualche utilità. Intanto partiamo a dire che è uno strumento adottato in via sperimentale, ha la funzione di monitorare l’andamento del percorso dei pazienti presenti in reparto, di segnalare la modalità e la data di dimissione prevista, che è modificabile in un qualunque momento perché nessuno deve mettere in discussione le responsabilità decisionali di medici e infermieri e le scelte sui percorsi di cura e di assistenza per i pazienti, che restano solamente del medico, quindi è uno strumento che ha la funzione di monitorare l’andamento del percorso, ne segnala la modalità e la data di dimissione prevista perché, come lei ben sa, si pianifica all’entrata in ospedale anche la fase di dimissione, presunta, e poi giornalmente la si riesamina, si verifica l’organizzazione tempestiva degli accertamenti diagnostici, ci si assicura che i referti siano ricevuti e analizzati e che i car giver dei pazienti siano adeguatamente informati sull’andamento del percorso, la data, le modalità di dimissione. Questo perché ovviamente ci dobbiamo ricordare che la dimissione è un pezzo del percorso di cura che se non pianificata, d’altronde le linee guida ci ricordano e raccomandano l’uso di un protocollo scritto, stilato entro le 24 ore dall’ammissione del paziente, sia per dare trasparenza a tutto il percorso, sia per dare un’ipotesi di dimissione che naturalmente deve essere sempre e solo valutata dal medico per evitare dimissioni che danno poi seguito a riammissioni precoci, che è la cosa peggiore, o inappropriati prolungamenti delle degenze in fase, diciamo nella parte acuta in medicina, quando invece potrebbero andare in lungo degenza o nelle CRA, o quant’altro. Quindi questa è la ratio. Lo strumento, che è utilizzato anche in altri luoghi d’Italia e d’Europa, diciamo che, per rispondere proprio alla sua richiesta di dettagli, rende fruibile a tutti i professionisti che intervengono nel processo di cura le informazioni che prima erano patrimonio del singolo e registrate su supporti cartacei. Quindi questa è la prima utilità. Queste informazioni che oggi saranno disponibili sperimentalmente sul monitor devono costituire, e lo saranno, un imprescindibile ausilio alle riunioni di briefing dell’equipe. Quindi diventa un metodo per garantire la continuità e il passaggio delle informazioni a tutti i professionisti, medici e infermieri che intervengono nella cura del paziente. La dottoressa Gibertoni mi ha scritto assicurandomi che c’è stata una condivisione con l’equipe medico-infermieristica interessata e che quindi sarà valutata in maniera molto attenta, come io ho richiesto, questa sperimentazione, che come può vedere consigliere, diventa uno strumento che offriamo ai professionisti che intervengono nel processo di cura, uno strumento che dà delle informazioni visibili a tutti laddove prima magari erano solo patrimonio del singolo e deve servire proprio al lavoro di equipe dei professionisti che sono coinvolti per decidere cosa è meglio fare alla fine, se tenere una data che era quella concordata o se, naturalmente, proseguire la degenza o se si è già grado addirittura prima di poter effettuare le dimissioni, dove farle, come farle. Insomma come sempre gli strumenti tecnologici, qui concludo, come ho già detto, se fortemente condivisi, e su questo sono d’accordo con lei, a monte con il personale, con i professionisti, possono essere degli ausili straordinari. Di sicuro nessuno di noi due rifugge dall’idea di introdurre le innovazioni tecnologiche all’interno degli ospedali, perché significa davvero che i professionisti possono avere più informazioni e lei sa quanto i professionisti hanno bisogno di condividere le informazioni, il processo di cura non è più un processo solitario, è un processo multiprofessionale, multidisciplinare che si fa in equipe. E quindi se lo monitoriamo, e lo monitoreremo, monitoriamo il monitor insomma, mi viene da dire questa battuta, dovrà diventare uno strumento che per primi dovrà convincere i professionisti e saranno anche loro a dirci se effettivamente questo strumento può essere poi esteso o invece lo ritengono di scarsa utilità. Saranno loro stessi che ci dovranno dire, e quindi sarà chiesto il loro parere sull’estensione di questo eventuale strumento e se davvero dà un quid in più nel loro lavoro. Io credo che questa sia la strada maestra, quella di passare ad una condivisione forte, ed anche spiegarlo però al paziente e al suo car giver e ai suoi familiari, perché può diventare uno strumento di trasparenza a patto che non sia mai, e su questo mi sono raccomandato, uno strumento che viene vissuto come un marcatempo o per economizzare. I passaggi dalla cura acuta a tutto il resto devono essere e rimangono una responsabilità di carattere medico”.
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