BOLOGNA – L’assessore Marco Lombardo ha risposto questa mattina, in sede di Question Time, alla domanda d’attualità del consigliere Raffaele Persiano (Partito Democratico) sul licenziamento di un rider.
La domanda del consigliere Persiano:
“Letti gli articoli di stampa in merito al licenziamento del rider dalla piattaforma Wine-delivery, chiedo al Sindaco e alla Giunta una valutazione politica sul rider licenziato dalla piattaforma Wine-delivery per aver strappato un bigliettino riportante un messaggio fascista”.
La risposta dell’assessore Lombardo:
“Ringrazio il consigliere Persiano per la domanda che mi offre l’opportunità di tornare sul tema dei diritti dei lavoratori digitali che come è stato ricordato anche dal consigliere è una battaglia che portiamo avanti da diversi anni.
La vicenda di Luca Nisco ha avuto un forte eco giornalistico in questi giorni. Vorrei tornare ai fatti della vicenda per ricostruire le responsabilità delle parti, prima di esprimere la mia valutazione politica e avanzare una proposta per risolvere il caso.
Davanti alla consegna di una bottiglia con un biglietto inneggiante il fascismo, il rider ha effettuato la consegna il 25 aprile strappando il biglietto davanti agli occhi della destinataria. Davanti alla violazione dei termini e condizioni della privacy e al comportamento tenuto dal rider davanti alla destinataria, l’azienda Winelivery ha comunicato allo stesso che i servizi da lui resi non erano più in linea con quelli ricercati dall’azienda.
Voglio informare il Consiglio comunale e i cittadini che ho avuto un’interlocuzione ieri con Francesco Magro, il CEO di Winelivery, proprio per rendermi conto della decisione presa dall’azienda e ho avuto la piena e convinta rassicurazione che la decisione dell’azienda non ha carattere discriminatorio, non essendoci nessuna volontà da parte dell’azienda di condividere il significato politico del messaggio da recapitare. La decisione sarebbe fondata unicamente sul fatto che le azioni del rider siano contrarie alle regole di protezione dei dati sensibili e dagli standard di servizio offerti ai clienti.
Credo nella volontà dell’azienda di dissociarsi dal contenuto fascista del biglietto; pur tuttavia, come ho ribadito anche ieri all’azienda, bisogna riconoscere che il comportamento del rider è una conseguenza di un grave errore commesso dall’azienda stessa.
Leggo infatti l’articolo 13 paragrafo 3 dei termini e condizioni del contratto di Winelivery.
“Effettuando un regalo su Winelivery, al momento del check out è possibile aggiungere un bigliettino da accompagnare al prodotto scelto. Il bigliettino può avere massimo di caratteri pari a 200. Winelivery si riserva il diritto di rifiutare la consegna del bigliettino nel caso in cui il messaggio contenuto fosse contrario al decoro o in qualche maniera offensivo”.
Da questo si evince che il messaggio del biglietto è assolutamente contrario ai principi e ai valori dell’azienda. Chi ha trascritto il messaggio ha violato il regolamento dell’azienda. Voglio essere molto esplicito su questo perché non si ripeta mai più. L’apologia di fascismo non è espressione della libera manifestazione del pensiero. L’apologia di fascismo è un reato. La libertà di manifestazione del proprio pensiero è un diritto costituzionalmente protetto e garantito dalla nostra Costituzione, ma incontra dei limiti, quando ci sono altri interessi costituzionalmente protetti, che sono di rango superiore, tra questi il pericolo concreto per le istituzioni democratiche rappresentato proprio da fascismo. Per questo motivo l’apologia di fascismo è un reato. Per essere precisi, un reato di pericolo concreto come riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione. Per questo non basta stigmatizzare quella frase. Bisogna condannarla. L’indignazione di Luca Nisco di recapitare quel messaggio in una data così simbolica come il 25 aprile, è l’indignazione di una città e di una comunità. Dunque è vero che il rider si sarebbe potuto rifiutare di effettuare quella consegna; ma se l’avesse consegnato qualcun altro? Il problema è che quel biglietto non andava trascritto. E l’azienda ha una responsabilità oggettiva di posizione sul fatto che il biglietto richiesto dal cliente che è stato erroneamente trascritto.
Se questa è la ricostruzione dei fatti, allora voglio rivolgermi direttamente all’azienda per trasformare quello che è successo in una opportunità. Si riconosca che la misura presa dall’azienda è eccessiva e sproporzionata rispetto alla violazione del regolamento commesso, in quanto errore scusabile che andava a riparare un errore precedente commesso e di cui l’azienda ha indirettamente la responsabilità. Non si può parlare tecnicamente di riassunzione perché non c’è un licenziamento. Si si può riattivare l’account del rider per effettuare di nuovi servizi di consegna. Io mi rendo disponibile anche a facilitare un confronto tra il rider e l’amministratore delegato dell’azienda, perché questo si possa verificare. Inoltre, chiedo all’azienda di fare un atto di coraggio; firmare la Carta di Bologna. Il 31 maggio la Carta compirà 3 anni dalla firma. Molte delle disposizioni della Carta sono già oggi “in compliance” con gli standard dell’azienda, ma se fosse stata firmata la Carta, tutto questo non sarebbe successo.
All’articolo 3 della Carta si dice infatti che bisogna “garantire al lavoratore o collaboratore una procedura terza e imparziale per contestare decisioni errate”. L’articolo 5 parla di non discriminazione e stabilisce che “Il recesso della piattaforma deve essere motivato e comunicato in forma scritta, con congruo preavviso ed è possibile solo per giusta causa o per un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali”. Mi sembra da quanto descritto sopra che non si possa parlare di notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del rider nei caso di specie.
Infine, l’articolo 7 paragrafo 5, “È vietata ogni forma di controllo e di indagine sulle opinioni dei lavoratori”.
Concludo quindi sperando in questo momento di potere offrire un contributo per aiutare a chiudere la vicenda dal punto di vista politico e amministrativo, senza ricorrere alle vie giudiziali. All’azienda chiedo di ritornare sui passi della propria decisione e di decidere di firmare la carta perché quello che è successo non possa accadere mai più. A fronte di questo chiedo anche che si fermi il boicottaggio nei confronti dell’azienda perché la rassicurazione che ci è stata data è che il provvedimento preso non ha nulla a che fare con la condivisione da parte dell’azienda del contenuto del messaggio. Perché come è stato ricordato l’apologia di fascismo non è mai libertà di espressione, ma è un reato di pericolo concreto”.