BOLOGNA – L’assessore alla Sanità, Giuliano Barigazzi, nella seduta odierna di Question Time, ha risposto alla domanda d’attualità della consigliera Federica Mazzone (Partito Democratico) sull’emergenza coronavirus e in particolare sulla situazione dei casi lievi o asintomatici a domicilio.
La domanda di attualità della consigliera Mazzoni:
In merito agli articoli allegati che riguardano i casi di persone positive al covid 19 con sintomi lievi o asintomatiche che trascorrono il periodo di isolamento presso la propria abitazione, domanda al Sindaco e alla Giunta:
1) quale sia la situazione attuale a Bologna e quali sono le azioni adottate per preservare i componenti della famiglia che convivono con le persone in isolamento;
2) se sono previste strutture per le persone che non hanno una abitazione idonea a garantire la sicurezza dei familiari conviventi durante l’isolamento e, in caso affermativo, se le strutture previste sono sufficienti o se si sta pensando di attrezzarne altre;
3) come sono organizzate e con quale relazione con i medici di medicina generale e i servizi territoriali le U.S.C.A (Unità Speciali di Continuità Assistenziali).
La risposta dell’assessore Barigazzi:
“Nel Comune di Bologna oggi risultano 711 persone in isolamento fiduciario domiciliare, 492 persone affette da COVID in isolamento domiciliare delle quali 219 con sintomi.
Le condizioni abitative delle persone in isolamento sono monitorate tramite interviste telefoniche, svolte a verificare tutti criteri stabiliti dalle indicazioni regionali, vengono date anche due pagine dal Dipartimento di salute pubblica per capire come anche interagire con i propri familiari, quali sono le misure da osservare, come fare per passare appunto i 14 giorno in isolamento.
Forniscono informazioni sia telefoniche che attraverso materiale disponibile in 10 lingue. Queste persone vengono contattate giornalmente per la valutazione delle loro condizioni di salute. E quindi c’è tutta una parte che è dedicata a chi è in casa, come vedete i numeri sono decisamente grandi, lo sforzo anche qui è molto grande.
Si, sono state reperite delle strutture di accoglienza previste per l’ospitalità delle persone in isolamento che io non nominerei, però ci sono oggi disponibili a Bologna, abbiamo circa 26 posti ma ne stiamo reperendo molti altri. Abbiamo anche fatto un accordo tra Ausl di Bologna, Esercito e Protezione Civile per fornirci queste strutture nel territorio. Siamo in contatto con il Prefetto e con l’assessore Aitini ci stiamo muovendo anche per il reperimento di alberghi. Siamo in una fase di espansione, abbiamo trovato anche luoghi all’esterno di Bologna, in altri comuni della provincia.
Attualmente le strutture per l’accoglienza di queste persone o anche di familiari e quant’altro sono sufficienti per le richieste che abbiamo. L’Ausl si può fare carico in questo caso anche di organizzare i servizi di lavanderia, pulizia, gestione rifiuti e vitto, utilizzando le aziende fornitrici di tali servizi che operano presso le strutture ospedaliere e i relativi costi sono a carico della Protezione Civile e come ho detto ci stiamo attivando anche con la parte alberghiera.
Per quanto riguarda le unità speciali di continuità assistenziale (USCA), una cosa che stiamo facendo partire da Bologna, ma che poi partirà in tutta le regione Emilia-Romagna, sono state previste quattro zone, Bologna Est, Bologna Ovest, Pianura e Appennino, le prime due a Bologna sono operative da lunedì 23 marzo, quindi sono appena partite, sono costituite da medici e personale di supporto a seconda della tipologia di intervento, qui andiamo a casa delle persone, il medico dell’USCA viene attivato direttamente dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta o dal medico di continuità assistenziale, anche tramite operatore sanitario adibito alla ricezione di chiamate dopo avere fatto una attività di triage, cioè avere capito quali sono i sintomi delle persone che stanno telefonando, al fine di evitare che i pazienti a domicilio, asintomatici positivi o sospetti COVID, si rechino presso gli ambulatori.
Il medico dell’USCA quindi può prima di effettuare l’intervento contattare telefonicamente il paziente per verificarne le condizioni di salute, programmare eventualmente l’intervento di concerto con il responsabile del Dipartimento di sanità pubblica, che sarà informate sulle attività domiciliari svolte quotidianamente, attività di rilevazione di tutta una serie di parametri clinici che permettono di capire anche la progressione anche dell’eventuale malattia o dei sintomi stessi, usciamo dagli ospedali per aggredire territorialmente e nelle case la progressione della malattia; è evidente che questo può significare anche poi profilassi per le persone che sono a casa.
Al termine di ogni visita il medico provvede alla compilazione di una apposita modulistica che consente poi la comunicazione degli esiti delle visite al medico di medicina generale o ai pediatri di libera scelta. Credo che questa sia una misura a cui dobbiamo tendere soprattutto nel proseguo e anche dopo quando dovremo cominciare comunque a convivere con questa malattia che non spegneremo nel giro di brevissimo tempo”.