Per questo progetto gli autori hanno deciso di porre la loro attenzione sul territorio di origine: La Spezia. Public Gardens mostra uno studio in cui il territorio spezzino, in particolare sulla discarica adiacente il borgo di Pitelli, come altre decine di siti in tutta Italia, dove lo spazio viene tutt’ora martirizzato dagli abusi ambientali. Le autorità rassicurano ufficialmente sulla sicurezza delle sostanze ritrovate nel sito e negli spazi attigui, mentre le analisi dicono il contrario, riportando la presenza di metalli pesanti e idrocarburi, tanto da portare il tasso di mortalità a un livello drammaticamente elevato.
In questo scenario s’inquadra il lavoro degli autori, dove nello spazio della galleria, da bianco contenitore, si azzera e si presta a ospitare 400 litri di nera terra che faranno da sfondo all’esposizione fotografica. “Quello che noi e voi stiamo calpestando non è semplice terra -affermano-, ma un pezzo di storia intrinseco di vite e ricordi. Tre piante germogliano dal buio. Come simulacri carichi di bellezza sono il simbolo di una precarietà e incertezza di una vita non controllabile”.
Alla base di questo lavoro c’è una doppia presa di coscienza, sul problema e sul suo possibile superamento: la presenza di sostanze nocive è vista da molti come qualcosa da negare e nascondere sotto il tappeto, in primis dalle autorità ma anche dalla popolazione stessa che subisce gli effetti dell’inquinamento; dall’altra parte, sulla collina nascono ovunque ostinatamente piante e fiori dalle proprietà fitoriparatrici, che hanno in sé la capacità di depurare il terreno dai metalli pesanti, ma, che ne sono allo stesso tempo contaminate. La ricerca si muove su questo confine sottile, in cui natura e intervento umano convivono quotidianamente. Le piante che crescono su questo terreno inquinato sono concrete, pur mostrandosi in una veste onirica e pittorialista e in mezzo a tutto questo stiamo noi, che guardiamo alla quotidianità senza riuscire a riconoscere il conflitto in atto e le conseguenze che porterà sul nostro futuro. La matrice del colore nero fonde i fiori e la terra creando un processo infinito, dove la natura cerca di rinnovare se stessa. Se da una parte le fotografie ci mostrano i meccanismi di rimozione che siamo disposti ad applicare per la necessità di vivere all’interno di una società, dall’altra l’installazione Public Gardens diventa metafora di una possibile guarigione.
Da sabato 2 dicembre a domenica 7 gennaio
Sabato 2 vernissage (18.00 / 23.45)
da lun a ven su appuntamento
sab e dom 17/20
Gate 26A
Via Carteria, 26/A – Modena
Ingresso gratuito
Infoline 3338601405
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