RIMINI – Lettera aperta
Martedì 8 marzo ricorrerà la Giornata internazionale dei diritti della donna, più comunemente ed erroneamente nota come “Festa della donna”; la giornata ha lo scopo di porre l’attenzione sui diritti e sulle conquiste sociali, economiche e politiche di cui le donne sono state protagoniste nell’ultimo secolo, così come sulle discriminazioni e le violenze che ancora oggi le riguardano e solitamente questa data mobilita attiviste e attivisti che scendono in piazza, organizzando manifestazioni che promuovono messaggi di parità e inclusione.
Quest’anno la celebrazione cade in tempo di guerra, il conflitto in corso tra Ucraina e la Russia tocca la sensibilità dei cittadini europei scuotendo profondamente la quotidianità, i venti di guerra e gli strascichi lasciati dalla pandemia suscitano sentimenti di riflessioni profonde e interrogazione sul ruolo delle donne anche in tempo di guerra, posto che oggi la realtà è ben lontana dagli obiettivi pacifici che l’umanità si è preposta nel corso degli anni.
Il virus che tanta paura ha fatto ha messo in evidenza un intollerabile aumento delle violenze dome stiche, una diminuzione delle opportunità di crescita della realizzazione personale e professionale, un peggioramento delle condizioni di lavoro con la difficoltà di conciliare lavoro, famiglia, vita privata.
La pandemia si allontana sempre più per cedere il passo alle oscure ombre della crisi russa–ucraina.
In un teatro di guerra attualmente precario e inimmaginabile che evidenzia la vulnerabilità degli equilibri globali. L’Europa guidata da tre donne, Ursula von der Leyen, Christina Lagarde e Roberta Matsola è compatta nella difesa di valori umani, politici, istituzionali.
Da tempo le donne, in tutto il mondo, sono protagoniste di importanti progressi sociali e culturali.
In molte occasioni e in diversi settori sono state motori del cambiamento. Le donne contribuiscono, in misura particolare, a cogliere il valore concreto del dialogo, della solidarietà, della pace.
Le donne che “resistono” hanno raffigurati nei loro volti paura, angoscia e sgomento ma anche forza e capacità di resilienza, sono in fuga da città spettrali e con i propri figli sotto la terra che trema.
La guerra si fa ancora e ruba l’infanzia di circa 415 milioni di bambini in tutto il mondo, toglie padri alle famiglie e le madri tornano ad essere il perno fondamentale della continuità della vita di chi resta, come sta accadendo in Ucraina e Russia coinvolte in guerra.
La guerra sembra essere una costante storica, nonostante le modalità, le armi e le tecnologie impiegate cambino continuamente, con essa si rinforzano e si creano condizioni di vulnerabilità estrema, che colpiscono soprattutto i minori e le donne e compromettono il futuro di intere generazioni perché la guerra non è mai risolutiva e nella maggior parte dei casi, i processi di ricostruzione alla fine di un conflitto non si avvalgono di approcci equi e legati ad un reale senso di giustizia.
Ma quale ruolo hanno le donne oggi nei contesti di guerra e pace?
La risoluzione 1325 delle Nazioni Unite su donne, pace e sicurezza, approvata all’unanimità nel 2000 dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, mirava a riaffermare l’importanza del ruolo della donna, sia nella prevenzione che nella risoluzione dei conflitti, nonché nei negoziati di pace e nei processi di costruzione e mantenimento della stessa, esortando tutti gli attori coinvolti nei processi di pace (Stati, istituzioni, organizzazioni internazionali) ad aumentare la partecipazione delle donne e a utilizzare una prospettiva di genere in tutti i negoziati e trattative per la pace e la sicurezza poiché alle donne viene riconosciuta una forte capacità di peace–building, di dialogo tra le diverse fazioni coinvolte in un conflitto, viene riconosciuta loro anche la capacità di aumentare la trasparenza e il carattere inclusivo e sostenibile dei processi di pace.
È il mondo visto dalle donne capaci di guardare con il cuore e di tenere insieme i sogni e la
concretezza.
È necessario un cammino di crescita, sensibilità e condivisione che non deve essere solo al
femminile, un’intima consapevolezza che non può che riguardare tutti. È il messaggio rivoluzionario dell’amore rigenerativo, energia e pienezza della condizione umana.
Al di là degli strumenti giuridici e delle iniziative istituzionali, dei successi e degli obiettivi raggiunti dalle donne, per il rispetto, la parità, la dignità per l’educazione culturale è necessario lavorare sulle giovani generazioni.
Il rispetto è alla base della democrazia e della civiltà del diritto, interno e internazionale.
Rispettare s’impara, o si dovrebbe apprendere, fin da piccoli sui banchi di scuola, in famiglia, nei luoghi di lavoro e di svago.
La parità di genere non è solo una questione economica e sociale.
Ma soprattutto una questione culturale ed educativa.
Il testo redatto lancia inoltre un messaggio forte nei confronti dei Paesi coinvolti nei conflitti armati, invitandoli ad adottare misure speciali per proteggere le donne dalla violenza di genere, in particolare dallo stupro e da altre forme di violenza sessuale.
Anche per questo ed in questa particolare giornata il nostro pensiero va alle donne coinvolte nella guerra Ucraina e Russia: sia le une che le altre sono figlie, mogli, madri che a vario titolo pagano il prezzo delle perdite umane, vittime di guerra, a queste donne vogliamo esprimere la nostra vicinanza e solidarietà perché cessino le ostilità e presto si possa celebrare la pace tra i popoli.
Un augurio di ritrovata pace e normalità, ricordando la frase di una celebre donna scienziata: «Cerchiamo di vivere in pace, qualunque sia la nostra origine, la nostra fede, il colore della nostra pelle, la nostra lingua e le nostre tradizioni. Impariamo a tollerare e ad apprezzare le differenze.
Rigettiamo con forza ogni forma di violenza, di sopraffazione, la peggiore delle quali è la guerra.»
Margherita Hack
Rimini, 8 marzo 2022
Per la Provincia di Rimini:
Adriana Ventura Barbara Di Natale
Consigliera di Parità Consigliera Pari Opportunità e Politiche di genere