Lo ha affermato il presidente della Provincia di Modena Fabio Braglia in occasione della cerimonia commemorativa del 75° anniversario dell’eccidio delle Fonderie Riunite di Modena, celebrata giovedì 9 gennaio al cippo nell’area dell’ex stabilimento al quartiere Crocetta di Modena.
La cerimonia, organizzata dai sindacati Cgil, Cisl e Uil, alla presenza sindaco di Modena Massimo Mezzetti e delle autorità cittadine, ricorda i sei operai che persero la vita sotto il fuoco della polizia nel corso dello sciopero proclamato dalla Camera confederale del lavoro il 9 gennaio 1950, per protestare contro i licenziamenti decisi dall’azienda.
Per Braglia «Oggi, la memoria di quelle vittime è anche un invito a non dimenticare mai i sacrifici che sono stati fatti per ottenere i diritti che oggi, in parte, diamo per scontati. È un monito a non abbassare mai la guardia rispetto ai diritti dei lavoratori, che non sono mai un dato acquisito, ma un bene da difendere ogni giorno. Ricordare il 9 gennaio 1950 significa onorare il sacrificio di quei sei operai, ma anche impegnarsi affinché le loro morti non siano state invano. Significa ricordare che ogni progresso sociale e politico è il frutto di lotte difficili, di sacrifici dolorosi, e di uomini e donne che, con coraggio, hanno alzato la voce contro le ingiustizie. Quegli uomini che persero la vita quella mattina del 9 gennaio non erano solo vittime di una repressione violenta, ma simboli di un’intera generazione che lottava per il proprio futuro, per la giustizia sociale e per il miglioramento delle condizioni di lavoro. Erano i volti di una classe operaia che, dopo decenni di miseria e sfruttamento, stava iniziando a rivendicare diritti fondamentali come la sicurezza e la dignità nel lavoro».
Gli operai che persero la vita durante gli scontri con la polizia erano Angelo Appiani, Renzo Bersani, Arturo Chiappelli, Ennio Garagnani, Arturo Malagoli e Roberto Rovatti, mentre altre 200 persone rimasero ferite nel corso della manifestazione.
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