Enrico Baruffini sarà partner di un progetto coordinato da Francesco Argenton dell’Università di Padova focalizzato sull’identificazione di nuovi farmaci per un particolare gruppo di malattie mitocondriali, quelle dovute a difetti nei geni POLG. Lo studio prevederà un’analisi su larga scala di librerie di farmaci già approvati per l’uso clinico per altre patologie e quindi più facilmente utilizzabili nel caso dovessero rivelarsi efficaci anche per questo gruppo di rare patologie ancora prive di una terapia efficace.
Oltre a Enrico Baruffini, ricercatore a tempo determinato, fanno parte del progetto Tiziana Lodi, professore associato, e Claudia Donnini, professore ordinario. Tutti e tre sono componenti del Laboratorio di Genetica Molecolare e Biotecnologie dell’Unità di Scienze Biomolecolari, Genomiche e Biocomputazionali, il quale include anche Paola Goffrini, professore associato, Cristina Dallabona, ricercatore a tempo determinato, Camilla Ceccatelli Berti, post-doc, Giulia Di Punzio e Andrea Degiorgi, dottorandi, e Sonia Figuccia e Marco Armando De Gregorio, borsisti, coadiuvati dai tecnici Silvia Rossi e Antonietta Cirasolo.
Da più di 10 anni il gruppo utilizza il lievito Saccharomyces cerevisiae come modello per lo studio di mutazioni nel gene POLG, che codifica per la DNA polimerasi mitocondriale e le cui mutazioni sono associate a patologie mitocondriali umane caratterizzate da delezioni multiple o deplezione del DNA mitocondriale. Più recentemente, in collaborazione con il gruppo di Natascia Tiso e Francesco Argenton dell’Università di Padova, che coordina questo progetto, e con il gruppo di Agnès Delahodde dell’Institute for Integrative Biology of the Cell (Francia), il gruppo si è occupato della ricerca di molecole a potenziale azione terapeutica nei confronti di patologie legate a POLG. In questo ambito, il lievito offre il vantaggio di poter testare in breve tempo centinaia di molecole per la capacità di ridurre i difetti del DNA mitocondriale causati da mutazioni in POLG. Le molecole identificate tramite questo screening verranno studiate ulteriormente in lievito per comprenderne i meccanismi a livello cellulare. Il gruppo di Padova analizzerà le molecole nel pesce “zebrafish”, al fine di valutare se questi composti agiscono anche su vertebrati e al fine di approfondire i meccanismi di “rescue” a livello di organi e tessuti.
In Emilia-Romagna sono stati finanziati 4 progetti di ricerca che hanno ottenuto fondi per un totale di circa 800mila euro, dopo un’attenta selezione della Commissione medico-scientifica composta da 30 scienziati di statura internazionale provenienti da diversi Paesi del mondo per garantire l’oggettività della scelta. Oltre al gruppo di Enrico Baruffini sono stati selezionati quelli di Elisabetta Ciani e Barbara Monti dell’Università di Bologna e Valeria Marigo dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
All’Università di Bologna, Elisabetta Ciani del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie studierà come mettere a punto la terapia genica per una rara e grave forma di disabilità intellettiva, la CDKL5, per la quale al momento non esistono cure. In collaborazione con un gruppo dell’Università di Torino, Ciani studierà nel modello animale come veicolare una versione corretta del gene difettoso nel cervello di queste bambine (la malattia infatti colpisce prevalentemente le femmine) attraverso un virus opportunamente modificato in laboratorio per diventare un vettore efficiente e sicuro. L’aspetto innovativo del progetto riguarda il costrutto utilizzato per reintrodurre il gene funzionante nel cervello, che codificherà per una proteina CDKL5 in grado di essere secreta dalle cellule in cui si trova trasdotta e interiorizzata da quelle vicine.
Sempre presso l’ateneo bolognese, Barbara Monti del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie, insieme a Laura Mercolini e Federico Giorgi dello stesso Dipartimento, andrà invece a fondo dei meccanismi patologici di un’altra malattia genetica che colpisce il cervello già durante l’infanzia, l’encefalopatia da deficit di AGC1. Questa è una malattia mitocondriale ultra-rara che causa ipomielinizzazione e atrofia cerebrale. Il progetto si svolgerà in collaborazione con il gruppo di Francesco Massimo Lasorsa dell’IBIOM-CNR di Bari e utilizzerà un approccio multidisciplinare, che spazia dalla biochimica e metabolomica all’epigenetica e bioinformatica, per identificare nuovi potenziali bersagli terapeutici attraverso lo studio dei precursori di cellule cerebrali.
Il progetto di Valeria Marigo del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia si propone invece di contrastare la degenerazione della retina associata a forme ereditarie di cecità come la retinite pigmentosa grazie all’effetto protettivo di una particolare molecola chiamata “Pigment Epithelium-derived Factor (PEDF)”, che ha mostrato di avere un effetto neuroprotettivo nei confronti dei fotorecettori, le cellule dell’occhio compromesse. Per veicolare le molecole terapeutiche saranno studiate due strategie, in particolare la terapia genica e l’utilizzo di nanoparticelle.
Nell’ambito del bando di concorso 2019 sono stati presentati 326 progetti, tutti sottoposti al vaglio della Commissione medico-scientifica della Fondazione che per la selezione si è avvalsa del metodo del peer review, ovvero “revisione tra pari”, lo stesso impiegato dalle riviste scientifiche internazionali per i lavori da pubblicare. Complessivamente sono 50 i gruppi di ricerca che hanno meritato un finanziamento, per un totale di oltre 11 milioni di euro destinati alla ricerca scientifica di eccellenza. Tutti i dettagli sono disponibili sul bilancio di missione pubblicato sul sito www.telethon.it
Dalla sua nascita, Fondazione Telethon ha investito in ricerca oltre 528 milioni di euro, ha finanziato oltre 2.630 progetti con oltre 1.600 ricercatori coinvolti e più di 570 malattie studiate. Ad oggi grazie a Fondazione Telethon è stata resa disponibile la prima terapia genica con cellule staminali al mondo, nata grazie alla collaborazione con GlaxoSmithKline e Ospedale San Raffaele. Strimvelis, questo il nome commerciale della terapia, è destinata al trattamento dell’ADA-SCID, una grave immunodeficienza che compromette le difese dell’organismo fin dalla nascita. La terapia genica è in fase avanzata di sperimentazione anche per la leucodistrofia metacromatica (una grave malattia neurodegenerativa), la sindrome di Wiskott-Aldrich (un’immunodeficienza) e per la beta talassemia, mentre è appena stata avviata per due malattie metaboliche dell’infanzia (rispettivamente, la mucopolisaccaridosi di tipo 6 e di tipo 1). Inoltre, all’interno degli istituti Telethon è in fase avanzata di studio o di sviluppo una strategia terapeutica mirata anche per altre malattie genetiche, come per esempio l’emofilia o diversi difetti ereditari della vista. Parallelamente, continua in tutti i laboratori finanziati da Telethon lo studio dei meccanismi di base e di potenziali approcci terapeutici per patologie ancora senza risposta.
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