Previsto per il 2030 dall’’Istat un sensibile calo della forza lavoro in Italia

46

Un trend però che vede Rimini in controtendenza, soprattutto per la fascia della popolazione più giovane

palazzo del municipio RiminiRIMINI – Di fronte ai dati nazionali che prevedono fra 8 anni (entro il  2030) un pericoloso tracollo degli occupabili – in particolare delle persone tra i 30 e i 63 anni – Rimini risulta fra le città in cui questo calo della forza lavoro sarà più ridotto e contenuto.
La notizia arriva da un elaborazione del Sole 24 Ore  sulle previsioni demografiche sperimentali dell’Istat, che quest’anno per la prima volta ha pubblicato i dati al 2030 su base provinciale.
Dal report emerge infatti che nel 2030 circa 1,98 milioni di residenti in età attiva dai 15 ai 64 anni  risulteranno in meno rispetto ad oggi. Un drastico e pericoloso calo della forza lavoro, dovuto al progressivo invecchiamento della popolazione, legato anche alla denatalità e ai trend migratori,  che si manifesta in maniera differente nei 107 territori provinciali del Paese. Una differenza dettata prevalentemente dalle caratteristiche territoriali delle aree provinciali che,  dove risultano più attrattive – con maggiori servizi attivi – fanno registrare una diminuzione dei lavoratori più esigua e contenuta, e invece, in territori con meno servizi, il calo della forza lavoro è più drastico e problematico e viene stimato (nella fascia d’eta 15-64) anche fino al -13,6 %. E’ il caso di alcuni comuni, concentrati prevalentemente in territori del sud Italia,  che occupano i primi posti di questa graduatoria con percentuali superiori al -10%.
Rimini, in questa lista di aree provinciali, occupa gli ultimi posti della statistica, con una stima di oltre 2500 persone occupabili in età lavorativa in meno rispetto ad oggi, equivalente ad una percentuale di -1,2.  Un dato che è distinto da un +7,1%, per la fascia d’età della popolazione più giovane,  dai 15 ai 29 anni e un -3,6% per il lavoratori dai 30 ai 64 anni.  Numeri che vedono il territorio provinciale riminese in lieve controtendenza rispetto al trend nazionale, insieme ad altre città come Parma, Bologna, Milano, Modena, Prato che occupano gli ultimi posti della lista, quelli cioè con la contrazione occupazionale minore rispetto alla media nazionale.

“Si tratta di un fenomeno nazionale drastico – dichiara Kristian Gianfreda Assessore ai servizi sociali – ampiamente previsto. È chiaro che esso, già in un tempo medio, comincerà ad incidere sulla produzione di beni e servizi ma  anche su altre sfere delle dinamiche sociali legate alla natalità e ai flussi migratori. Rimini sta tenendo meglio rispetto ad altri territori soprattutto per la fascia dei più giovani, soprattutto grazie ai servizi che offre tutto il territorio, al dinamismo imprenditoriale e al cambiamento che in questi ultimi anni si è saputo mettere in campo. È un dato che premia l’attenzione ai servizi che il nostro territorio riesce ad erogare su diversi piani: da quello sanitario al sociale, dal tessuto economico a quello scolastico. Una trasformazione che deve andare avanti per continuare ad essere attrattivi. Ma questo processo da solo non può bastare, è necessario anche una riflessione più ampia, per risolvere il problema da un punto di vista più generale. Sulla natalità il discorso è molto più ampio e incide su lavoro, welfare, politiche migratorie e cultura. Anche dal punto di vista locale il ruolo e il contributo può essere svolto attivamente: credo ad esempio indispensabile incentivare i servizi sia per l’infanzia che per l’autosufficienza degli anziani. Condizioni di benessere indispensabili per armonizzare al meglio anche i tempi di vita dei lavoratori. Così come non secondaria è e sarà la capacità di attrarre nuovi investimenti e dunque nuovo lavoro, in virtù della semplificazione amministrativa e della ricchezza dei servizi che sapremo offrire come pubblica istituzione. Ora più che mai è evidente come gli interventi sociali e sanitari sono sempre a favore di tutta la comunità anche se l’obiettivo è sostenere le fasce più deboli perché abbiamo bisogno di un tessuto sociale ed economico unito e pronto ad affrontare sfide davvero difficili”.