PAVULLO NEL FRIGNANO (MO) – «Il fatto che un bimbo sia nato in ambulanza deve richiamare all’urgenza di un piano per la maternità. Non si può a parole dirsi a favore della natalità, e poi nei fatti chiudere i punti nascita strategici per un territorio, come successo a Pavullo nei mesi scorsi, con grave rischio per i nascituri. Non solo. Siamo arrivati all’assurdo di favorire la morte dei bambini anziché la loro vita. Per le mamme dell’appennino modenese è infatti più complicato far nascere i propri figli, ma possono abortire sotto casa».
E’ quanto dichiara Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, in merito all’episodio del parto avvenuto ieri in ambulanza, a causa della chiusura del Punto Nascite di Pavullo ed alla decisione dell’AUSL di Modena di riprendere le sedute di aborti chirurgici presso il medesimo ospedale.
«L’AUSL ha preferito interrompere una prestazione non programmabile, come il parto, – continua Ramonda – e che richiede un pronto intervento, a fronte di un’attività che può essere pianificata e non ha necessità di essere svolta ad una ridotta distanza, come l’aborto».
«Siamo lieti che il Ministro della Salute sia candidata proprio in questo territorio, – conclude Ramonda – speriamo che questo episodio solleciti una sua presa di posizione a favore della natalità. L’Italia ha bisogno di aiuti concreti alle gestanti, oggi sempre più sole e spinte a disfarsi del figlio da una società abortista: lavoro, aiuti economici e materiali, protezione da chi le vuole far abortire. Allora non avremmo bisogno di punti IVG».