Se il sistema adottato nel primo lockdown potevamo ritenerlo giusto poiché divideva i sacrifici per tutti i cittadini, persone e imprese, oggi sembra di vivere una farsa e ci sentiamo profondamente discriminati. La realtà dei fatti, questa via di mezzo inutile e discriminante, ci fa sentire un’attività di serie B. Noi e i nostri dipendenti chiusi in casa mentre buona parte dell’Italia va avanti. Non ce la facciamo più, perché oltre a non avere sostegni adeguati, siamo al tappeto moralmente per una situazione che sta distruggendo le piccole imprese, vero asse portante del Paese.
Questa purtroppo è la realtà che viviamo in zona rossa e a nessuno sembra interessare che non più di un anno fa i gioiellieri abbiano investito notevoli somme per dotare i negozi di tutti gli accorgimenti richiesti dai protocolli di sicurezza. Non era forse il caso di verificare lo stato dell’arte del commercio al dettaglio per accorgersi magari che le nostre attività sono più che in grado di evitare assembramenti e di garantire la sanificazione degli ambienti e degli oggetti? Oppure, non si poteva autorizzare gli esercizi commerciali che propongono in vendita i cosiddetti beni non essenziali, come oramai siamo stati classificati, a poter accogliere la propria clientela previo appuntamento?
Piccoli accorgimenti che ci avrebbero consentito non solo di “tirare avanti”, ma di evitare ulteriori ricorsi a ristori e sostegni statali che altro non fanno che continuare ad alimentare disorientamento e ovvia delusione per l’inconsistenza delle cifre rispetto ai bisogni reali. Riaprire seguendo le regole e non chiudere arbitrariamente alla luce di meri codici attività, peraltro superati dalla realtà. Siamo imprenditori, dunque realisti ma anche ottimisti per natura, eppure in questo momento crediamo di aver imboccato la strada per la rovina e per la fame di migliaia di famiglie. Solo riaprendo subito le nostre attività possiamo fare in modo che questo non accada”.
Foto: Banchetti Onelio pres Federpreziosi Rimini
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