Gianni Indino: “Non ci sono le condizioni per riaprire le attività se non cambia qualcosa. Basta con la corsa agli annunci, servono subito regole certe. Rimini è un unicum nel turismo, deve essere ascoltata per strutturare la ripartenza”
RIMINI – “Così noi non riapriamo”. E’ secco il presidente di Confcommercio della provincia di Rimini, Gianni Indino, dopo l’ennesima giornata di confronti, sondaggi e telefonate con gli associati.
“I piccoli commercianti e i gestori di pubblici esercizi del territorio sono ormai allo stremo – spiega – non solo economicamente per la chiusura forzata, ma soprattutto per l’assoluta mancanza di chiarezza e ufficialità nelle linee da seguire per la riapertura. Ci sentiamo traditi: da due mesi si rincorrono notizie di stampa, annunci televisivi, bozze di provvedimenti, conferenze, indiscrezioni poi smentite, circolari, ipotesi… mentre le imprese hanno bisogno di certezze e prospettive su cui lavorare. Basta con la corsa agli annunci! Vogliamo leggi e direttive scritte e univoche a cui poterci affidare senza doverle interpretare o ancora peggio senza dover aspettare le interpretazioni di chissà quale ente.
Quella dei protocolli per la riapertura è ormai diventata una barzelletta e farebbe anche ridere se in tutta questa situazione non ci fosse da piangere. Dopo settimane di attesa spasmodica per l’uscita di un protocollo per adeguare i nostri locali alle direttive anticontagio, a pochi giorni dalla riapertura siamo ancora con un pugno di mosche in mano. Ammesso che poi il 18 facciano riaprire negozi e pubblici esercizi, visto che anche sulla data in realtà non c’è ancora nulla di ufficiale.
Stiamo vivendo in un eterno corto circuito in cui la mano destra sembra non sapere cosa fa la sinistra, come abbiamo purtroppo constatato con le ormai famigerate regole per la riapertura, in cui nello stesso giorno vengono proposte linee diametralmente opposte, molte delle quali insostenibili per la stragrande maggioranza delle attività. La cartolina che si propone per la nostra destinazione turistica è di una destinazione ospedalizzata che mal si concilia con la voglia e l’idea di vacanza in Riviera. Abbiamo a cuore la salute di tutti, ma il senso della misura deve esserci.
A rischio c’è l’intero comparto turistico: se la macchina continua a rimanere ferma, le stesse amministrazioni rischiano di andare in default insieme alle imprese. Mai come adesso è il momento per il governo di allargare i cordoni della borsa e aiutare il sistema turismo anziché affossarlo. Questa enorme incertezza mina la riapertura stessa delle imprese più della pur impellente questione economica e rischia di vanificare gli sforzi che tutti abbiamo fatto in questi mesi chiusi in casa.
Senza dimenticare che sul capo di chi vuole riaprire pesa anche l’interpretazione incoerente del contagio da Covid dei lavoratori come infortunio sul lavoro, che va a punire anche le imprese che rispettano i protocolli di sicurezza, esponendo il datore di lavoro a gravi conseguenze sul piano penale e dei risarcimenti. Chi se la sente di riaprire l’attività con questo quadro? Invece di far ricadere anche questa responsabilità sul capo dell’imprenditore, si pensi ad istituire un Fondo a copertura dei danni da Covid che sostenga lavoratori e imprese per questo tipo di problematiche che nulla hanno a che vedere con l’azienda nel momento in cui i protocolli di legge siano rispettati.
Tutti si sciacquano la bocca con la parola turismo ma nessuno ascolta il sistema turismo. Se nessuno si sognerebbe di chiedere consigli medici a chi non è un dottore, perché si prendono decisioni sul turismo senza interpellare chi lo fa concretamente, chi ci ha costruito le proprie fortune, chi lo vive ogni giorno? Rimini è sinonimo di turismo, un unicum in Italia, e ogni decisione sul turismo dovrebbe passare anche da qui, se non altro per il grande valore di esperienza che Rimini può mettere sul piatto”.