Nota della Confcommercio della provincia di Rimini

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Gianni Indino, presidente Confcommercio della provincia di Rimini: “Le amministrazioni concedono il suolo pubblico per poter ripartire in sicurezza, ma la Soprintendenza ci lega mani e piedi”

RIMINI – “In un momento di crisi epocale come quello che stiamo vivendo ci rendiamo conto una volta di più dei danni che da sempre procura la burocrazia – dice il presidente di Confcommercio della provincia di Rimini, Gianni Indino – che non si ferma davanti a niente. Lo abbiamo visto nelle lungaggini per le ricostruzioni dopo i terremoti e oggi che sono le nostre imprese ad essere cadute a pezzi dopo mesi di chiusura forzata, ecco che la burocrazia si ripresenta e chiede il conto per la loro ripartenza.

Le amministrazioni locali hanno capito bene la gravità della situazione e sono pronte a mettere in campo azioni straordinarie, ripensando alle imposte locali e concedendo spazi pubblici in uso temporaneo ai pubblici esercizi in modo da consentire il lavoro e allo stesso tempo il distanziamento sociale. Ma non è così per altri apparati dello Stato. Ne è conferma la comunicazione della Soprintendenza territorialmente competente arrivata a ricordarci come la burocrazia può uccidere sul nascere ogni iniziativa, anche se condotta in sinergia tra pubblico e privato.

Con questa comunicazione la Soprintendenza di fatto ci lega mani e piedi perché per poter aggiungere tavoli e sedie su suolo pubblico all’esterno dei locali nelle zone sottoposte alla sua valutazione, pur senza costruzione di opere, stila spiegazioni e procedure, documentazione da produrre e autorizzazioni preventive a pena dinieghi e sanzioni per le aziende, proprio nel momento in cui il settore dei pubblici esercizi del territorio sente impellente la necessità di velocità di pensiero e di azione.

Stiamo cercando di ripartire faticosamente e con mille interrogativi da questo periodo nero e abbiamo bisogno di essere accompagnati e non affossati dalle istituzioni. Dalle amministrazioni locali e dalla Regione, già ripetutamente da noi interessate, mi aspetto una presa di posizione forte su questa questione. Vorrei che come noi fossero fermi e decisi: non è più il tempo della diplomazia. E se le istituzioni locali non bastassero, chiediamo che si attivi il governo e il Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo a cui la Soprintendenza fa capo.

Stiamo camminando sulle rovine delle nostre aziende e aspettare i tempi della burocrazia per molte di loro sarebbe una sentenza di chiusura. Ora ci vuole attenzione ed elasticità, non serve la forma ma la sostanza, come hanno ben capito gli amministratori locali che hanno accettato di mettere sul piatto lo spazio pubblico per fare lavorare le imprese e allo stesso tempo garantire protocolli sanitari e distanziamento interpersonale.

Non vogliamo una deregulation totale, sia chiaro. Ma non vogliamo nemmeno impantanarci in pratiche e valutazioni che richiedono mesi, in costi aggiuntivi per i bolli e per la scelta di determinati materiali e infine magari in dinieghi sulla base di tutele paesaggistiche che sul nostro territorio, abbiamo già visto, diventano più stringenti che in molte altre parti d’Italia. Servono soluzioni condivise, ma urgenti. Non mettiamo in dubbio che i beni architettonici vadano tutelati, sono anch’essi la forza del nostro turismo, ma in questo periodo crediamo valga più che mai il principio della priorità: chiediamo che prima della vista sui monumenti si tutelino famiglie e imprese ormai al collasso. Le persone per una volta vengano messe prima della burocrazia”.