De Palma: «Salgono a 50 gli infermieri deceduti per Covid da inizio pandemia. Perdono la vita altri due colleghi, uno in Emilia Romagna, l’altro in Sicilia
ROMA – «Non conosce tregua il bilancio nefasto di decessi di infermieri dall’inizio di questa pandemia. Con la morte di Sergio, valente professionista bolognese del Sant’Orsola (si tratta della prima morte di un collega nel capoluogo emiliano), di soli 59 anni, e quella di un infermiere catanese di Paternò, 61 anni, avvenuta nell’ospedale di Santissimo Salvatore, sale drammaticamente a 50 il bilancio dei colleghi morti per Covid da febbraio a oggi».
Ce lo racconta Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, che informa anche del calo di contagi che continua a registrarsi in tutta Italia da parte dei professionisti della sanità.
«Ogni volta che un infermiere in questo anno maledetto perde la vita, una piccola parte di noi se ne va via con lui. Uomini prima che professionisti della sanità, che continuano a sacrificare la propria vita per la salute del prossimo. E non possiamo non chiederci cosa si sarebbe potuto fare per evitare un numero così alto di decessi. Certo la prima fase è stata come una pugnalata alle spalle contro cui è difficile difendersi. Un nemico subdolo, sconosciuto, agguerrito e soprattutto tanti soldati inermi al fronte, esposti in prima linea nella battaglia contro la morte.
Cosa è cambiato nella seconda ondata? Gli infermieri si sono aggiornati, ahimè però per conto loro perché di corsi di formazione in estate neanche l’ombra. Ma la disorganizzazione, le croniche carenze di personale, gli screening costanti sul personale sanitario che sono solo eccezioni quando invece dovrebbero essere la regola, stanno aprendo di nuovo uno scenario drammatico, seppur con cifre diverse rispetto all’inizio. Ma quanto accade negli ospedali italiani oggi non crediate sia diverso da ciò che abbiamo visto con la prima ondata.
Ci arriva nelle ultime ore, infatti, la scabrosa testimonianza di infermieri dell’Ospedale del Mare di Napoli che affermano di non avere più a disposizione tute da indossare e che devono ricorrere, udite udite, a sacchi dell’immondizia. Ci potrebbe in parte consolare il fatto che grazie alle recenti restrizioni i contagi di infermieri sono passati da una media di 500 al giorno a inizio mese, fino a 200 nelle ultime 48 ore.
Ma se la disorganizzazione continua, noi non ci sentiamo di poter coltivare false speranze, anzi, siamo allarmati e rifiutiamo persino il pensiero di dover lottare di nuovo senza armi. Per questo in Emilia Romagna, già questa mattina, a Rimini, scendiamo in piazza ancora una volta. Il primo, simbolico, dei tanti flash mob che si terranno in dicembre, per mettere in evidenza che gli infermieri tengono alta la guardia, e per chiedere ai Prefetti di farsi portavoce presso il Governo e le Regioni, che ci hanno riconosciuto l’indennità professionale solo dopo averci costretto a scendere in Piazza e a scioperare per 24 ore , di intervenire presso le aziende sanitarie affinché le stesse ci garantiscano, in via stabile e continuativa, tutti gli strumenti di protezione necessari per la nostra incolumità, e per assicurare le ulteriori risposte che ci sono state promesse, e senza le quali proseguirà il nostro stato di agitazione.
Gli infermieri combattono ogni giorno nelle corsie e nelle stanze d’ospedale per tutelare la salute degli italiani. Il nostro sindacato allo stesso modo combatte ogni giorno per sostenere quegli obiettivi che diventano una priorità, alla luce dello sforzo profuso, per reggere un sistema sanitario che senza infermieri sarebbe già un cumulo di macerie», conclude De Palma.