ROMA – «Sognare di diventare infermieri in Italia ai tempi del Covid. Ci vogliono coraggio, consapevolezza della “mission” che si andrà a intraprendere, passione sconfinata per una professione difficile, complessa, nel contempo straordinaria. Al servizio della salute del paziente, qualunque cosa succeda, sempre e comunque, anche a rischio della propria vita. Eppure per molti studenti di infermieristica, il sogno, che prevede un tortuoso percorso di conoscenza e di studio, uno spirito di abnegazione che richiederà non solo conoscenze da acquisire passo passo sui libri, ma una indispensabile esperienza da maturare sul “campo”, oltre che indiscutibili doti umane, in questo particolare frangente, sta riservando dei risvolti negativi che il nostro sindacato ha deciso di raccontare, dopo una lunga indagine».
Così esordisce Antonio De Palma, Presidente del Nursing Up, nel descrivere la storia di Laura (nome fittizio, per tutelare l’anonimato di chi ci sta offrendo la sua coraggiosa testimonianza), studentessa irpina al Vanvitelli di Grottaminarda. Pochi mesi alla laurea, una passione infinita e il desiderio di combattere sul campo per la salute della collettività, non senza però avere acquisito quell’esperienza che oggi Laura è consapevole, seppur amaramente, di non possedere ancora del tutto.
«Ma non è solo una questione di tempo. Quello sta trascorrendo inesorabile, ma senza acquisire nuove conoscenze sul campo per molti iscritti alla facoltà di infermieristica. Laura, studentessa modello, come altri futuri infermieri del suo corso, arriverà a conseguire l’abilitazione nell’ottobre del 2021, ma non è affatto soddisfatta del suo percorso, continua De Palma.
La testimonianza chiave di Laura apre uno squarcio terrificante nel mondo dei futuri infermieri, denuncia il Presidente del Nursing Up. Da mesi, precisamente da gennaio, questi ragazzi non effettuano alcun tirocinio sul campo ma solo formazione on line. Ci raccontano che da inizio anno non hanno realizzato ancora nessuna di quelle ore di pratica che il corso di Laurea in infermieristica prevede per legge. 1800 ore e di 60 crediti formativi universitari. I futuri infermieri devono svolgere, in media, 400 ore di tirocinio nel corso del primo anno di corso, 600 nel secondo e 800 per quanto riguarda l’ultimo anno.
Medesime testimonianze ci arrivano in queste ore anche da studenti della Federico II di Napoli, che dovrebbero da mesi fare tirocinio al Cardarelli. E ciò pare che non stia accadendo. Parliamo ovviamente di un ospedale in questo caso nel caos più totale, con personale sanitario contagiato ogni giorno, e proviamo a capire le ragioni di chi qui sospende i percorsi pratici per tutelare la salute degli studenti. Ma non è possibile portare alla laurea questi ragazzi, dice De Palma, senza prima avere permesso loro di completare le ore di tirocinio sul campo che le norme prevedono, immaginando per assurdo che poi la pratica la faranno una volta laureati. E’ orribile solo pensare che con una scarsa preparazione pratica alle spalle, i futuri infermieri italiani dovranno fare pratica sulla pelle dei pazienti.
Laura frequenta appunto l’ultimo e decisivo anno e ci racconta anche di amici e amiche del secondo anno che non hanno mai e dico mai, visto una stanza d’ospedale.
Cosa sta succedendo nel mondo sanitario italiano? Ci sono Regioni come l’Emilia Romagna che nei giorni scorsi hanno accelerato le lauree di numerosi studenti per ottenere, volutamente, potenziale forza lavoro da impiegare sul campo nell’emergenza. Ma qualcosa non quadra.
E’ davvero questo quello che vogliamo, in questo momento, per tutelare la salute dei cittadini?
La storia che stiamo raccontando è assurda. Perché possiamo accettare che ai tempi del Covid, per ragioni di sicurezza, si rallentino o si interrompano addirittura le “fasi di pratica clinica” degli studenti futuri infermieri negli ospedali. Ma allora perchè non rallentare il loro percorso alla laurea? Sono certo che molti, moltissimi di loro, sarebbero d’accordo.
Nessun futuro infermiere sogna di entrare in un ospedale senza la necessaria e sufficiente preparazione pratica.
Le parole di questa ragazza mi hanno colpito nel profondo: “Noi non ci prepariamo a fare un lavoro dietro una scrivania, dove di fronte a un errore possiamo cancellare il file o gettare il foglio e riscrivere. Presto saremo alle prese con la vita delle persone. Possiamo capire che molte università rallentano i tirocini a causa del covid, ma durante l’estate hanno riaperto le discoteche. Molti di noi hanno chiesto di poter riprendere almeno durante quel periodo la pratica ospedaliera prevista, ovviamente nel rispetto delle accortezze e modalità che ci consentano di preservare il nostro stato di salute, ma questo ci è stato negato. Chiaro che oggi con la riesplosione dell’emergenza si è fatto di nuovo tutto più difficile”.
De Palma non ci sta e vuole andare fino in fondo: «Continueremo la nostra indagine anche in altre regioni per raccogliere testimonianze di altri studenti. E chiederemo, se necessario, l’intervento della Federazione e degli Ordini per fare chiarezza sull’effettivo conseguimento delle abilità’ pratiche previsti dalla legge. I futuri infermieri che gli studenti sognano di diventare, che noi aspiriamo ad avere nella nostra sanità, non possono essere certo degli infermieri solo a metà».
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