Soprattutto, è evidente che dopo due anni di pandemia, alla luce di una carenza strutturale di 80-85 mila infermieri, non possiamo permetterci di cullarci sugli allori. E quando, di fronte a nuovi focolai che coinvolgono professionisti della salute, come quello in atto nell’Ulss Berica 8 di Vicenza e Provincia, siamo costretti a lasciare a casa quasi 200 operatori sanitari, per la maggior parte infermieri e medici, dobbiamo chiederci come realtà ospedaliere già vessate da 24 mesi di emergenza sanitaria, possano affrontare serenamente la realtà quotidiana dei malati cronici e dei soggetti fragili, nonché la routine della sanità ordinaria, privati di tale forza lavoro.
I nostri referenti ci segnalano casi di contagi anche in Friuli, a Pordenone, in alcune strutture per anziani, così come vive un momento particolarmente delicato l’Area Vasta 3, di Ancona.
Qui le lacune organizzative, secondo le nostre testimonianze, sono all’ordine del giorno si registrerebbe un nuovo picco di contagi, dove il personale dei Pronto soccorso, allo stremo dopo due anni di pandemia, si trova per l’ennesima volta a gestire emergenze, pazienti covid e ad assistere i tanti pazienti che non trovando il posto letto nel reparto dedicato rimangono per giorni nei locali e nei corridoi dei Pronto Soccorso. Gli infermieri, come se nulla fosse cambiato, pagano più di tutti lo scotto dell’improvvisazione.
Ovviamente siamo di fronte, per la maggior parte, a operatori sanitari asintomatici, ma i nuovi dati ISS facciano riflettere!
Quasi mille operatori sanitari infettati ogni giorno non sono numeri di poco conto, segnale di nuovo pericoloso picco o meno.
Solo una organizzazione degna di tal nome, la prevenzione nei momenti di apparente quiete del virus, come questa, la gestione corretta del rapporto personale-pazienti, può consentirci di affrontare nel modo migliore una eventuale quinta ondata.
Ma viene da chiedersi, con un pizzico di amarezza: cosa abbiamo imparato dalle esperienze precedenti? Gli infermieri, nelle Regioni già martoriate dal Covid, devono reggere da soli, con poche unità, la portata di aree sanitarie con 60-70 mila pazienti come la Ulss Berica 8. Ma anche altri territori, vedi la Toscana, con una da noi già ampiamente denunciata carenza di 5mila infermieri, ci chiediamo come affronterebbero un eventuale nuovo ritorno del virus?
Noi del Nursing Up incroceremo le braccia il prossimo 8 aprile, e le ragioni dello sciopero sono qui, nell’incapacità del Governo e delle Regioni di metterci nelle condizioni, come da troppo tempo accade, di svolgere al meglio il nostro compito. E mentre siamo pronti a fermare per 6 giorni i turni degli straordinari, in nome di una valorizzazione economica e di una organizzazione strutturale lontane anni luce, con il virus che gioca a fare il dormiente, ma a quanto pare con un occhio aperto, ci poniamo la domanda fatidica.
Quanto tempo dovremo attendere per un capillare e coraggioso piano di assunzioni, da Nord a Sud, per fronteggiare da una parte la voragine già presente di 85mila unità mancanti all’appello, e dall’altra per mettere in pratica il piano della Missione 6 del Pnrr, con un fabbisogno di oltre 30mila nuovi infermieri, indispensabili per risanare la sanità territoriale?», chiosa De Palma.
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