Ciò che sta accadendo è gravissimo. Si arriva al punto di sminuire l’alveo delle competenze e potenziali responsabilità infermieristiche, asserendo che il vincolo di esclusività andrebbe sì eliminato, ma previa valutazione aziendale, che privilegi le attività ” di pubblico interesse” che , udite udite, sempre per questa parte del mondo sindacale medico, coinciderebbe con quella svolta negli studi professionali dei medici di medicina generale.
Come dire: vuoi esercitare la libera professione? Va bene, ma avrai priorità nell’autorizzazione solo se ti occuperai di svolgere la tua attività presso lo studio di un medico di medicina generale.
Ci pare veramente troppo quello che sta accadendo.
Il Nursing Up, nelle sue campagne di comunicazione, seppur contraddistinte da onnipresente spirito battagliero, cerca sempre di mantenere profili e posizioni di grande equilibro, evitando, per quanto è possibile, polemiche con altri sindacati del mondo sanitario.
Questa volta, però, alcuni rappresentanti della categoria dei medici hanno realmente oltrepassato i limiti, mancando di rispetto, a nostro avviso, alla nostra intera professione.
Più volte, con concretezza, ma mai alzando i toni, abbiamo denunciato il grave squilibrio assistenziale esistente nel panorama sanitario italiano, con i medici da una parte, con le loro retribuzioni nettamente superiori alle nostre, seppur alla luce di responsabilità differenti, evidenziando una forbice che seppur legittima, a nostro avviso si è fin troppo allargata e non trova alcuna giustificazione.
Ci sentiamo in dovere di chiarire alcuni aspetti, in relazione proprio ad un recente comunicato stampa di questo sindacato, del quale nemmeno facciamo il nome, perché non merita pubblicità gratuita.
Tale sindacato arriva a sostenere, innanzitutto, che sarebbero i medici la professione maggiormente coinvolta nella grave carenza di personale che attanaglia la sanità italiana.
Niente di può fuorviante, lasciatecelo dire una volta per tutte, visto che i report dell’Ocse e quello di Agenas, aggiornati al 2022 e al 2023, evidenziano apertamente due aspetti: il primo è la gravissima penuria di infermieri rispetto alle media Ue, il secondo è che il rapporto medico/paziente è assolutamente i linea con i parametri degli altri Paesi, se non superiore.
Ma come se già tutto questo fosse poco, in merito allo sblocco del vincolo di esclusività degli infermieri, come già detto, viene ipotizzata l’introduzione di ulteriori limiti, che non farebbero altro che sminuire le potenzialità di tale straordinaria opportunità, arrivando addirittura a ipotizzare che sarebbe opportuno introdurre una forma di autorizzazione dell’ente, che si realizzi, prioritariamente, nei confronti di coloro i quali decideranno di intraprendere la libera professione a supporto ai medici di base nei loro studi, senza andare a supportare i sistemi di assistenza privata.
Tutto questo ha dell’inverosimile.
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Eppure non ci pare che limiti analoghi (quelli che sarebbero finalizzati a non favorire la sanità privata) siano mai stati chiesti da questi signori (medici per l’appunto), con riferimento all’ attività libero professionale che i medici pubblici dipendenti possono svolgere quotidianamente.
E non ci pare nemmeno che ai medici pubblici sia precluso svolgere attività professionale in favore di privati cittadini (attraverso il regime di intramoenia) o presso strutture private.
Non abbiamo, da una parte, sia chiaro, mai negato il valore della proficua collaborazione tra medici e infermieri, tutta a vantaggio della qualità delle prestazioni sanitarie offerte ai cittadini, ma tali affermazioni, non possiamo nasconderlo, sono gratuite oltreché irrazionali, e sminuiscono ed offendono profondamente la professione infermieristica.
Quando si parla di attività professionale infermieristica, ma questo vale anche per il resto delle professioni sanitarie ex legge n. 42/1999, vorremmo ricordarlo a qualcuno che forse fin troppo frettolosamente lo ha dimenticato, stiamo parlando di professionisti con tanto di percorso di laurea e mesi e mesi di tirocinio sul campo, con un alveo di complesse responsabilità e potenzialità di esercizio , che non possono certo essere ridotte o “immiserite” prevedendone l’impiego prioritariamente all’interno degli studi medici.
Insomma, è di tutta evidenza che gli infermieri italiani esprimono uno specifico alveo di conoscenze ,competenze e responsabilità professionali che consentono loro di esercitare in una miriade di contesti organizzativi, quindi ben oltre uno studio del medico di medicina generale, dove nella maggior parte dei casi basterebbero dei semplici segretari.
Ci piacerebbe sapere cosa ne pensa di tali affermazioni il Ministro della Salute Schillaci, anch’egli medico certo, ma che più volte ha speso parole che hanno evidenziato la perfetta comprensione delle lacune di una realtà sanitaria che di certo vede gli infermieri ancora ben lontani da quella valorizzazione economica e contrattuale che, lo ripetiamo oggi come non mai, rappresenta un legittimo e auspicabile traguardo per il bene dei cittadini.
Non vorremmo mai che il Ministro Schillaci, da medico, più che il Ministro della Salute diventasse il Ministro dei medici.
E poi ci piacerebbe sapere cosa pensa anche la nostra Federazione degli Ordini, riguardo ad affermazioni così gravi.
Non esiste futuro per la sanità italiana, sia chiaro, senza infermieri, e giammai accetteremo che qualcuno affermi che dopo anni di studio e di battaglie sul campo, dovremmo essere relegati a svolgere, prioritariamente, il ruolo di collaboratori di studi di medicina generale», chiosa con rabbia De Palma.
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