Nota del Sindacato Nazionale Infermieri Nursing Up del 16 febbraio 2022

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De Palma: «Riconoscere attività infermieri tra quelle usuranti. L’impegno spasmodico messo in campo nei mesi della pandemia non ha fatto altro che confermare l’estrema delicatezza e propensione della nostra quotidiana attività professionale a generare una forte usura»

ROMA – «La strenua battaglia di sindacati come il nostro, che da anni combattono per il riconoscimento della professione degli infermieri come categoria usurante conosce oggi una nuova tappa nel suo tortuoso cammino. Con la speranza che non sia l’ennesimo salto nel buio».

Così Antonio De Palma ha esordito nel suo discorso durante l’audizione al Senato dello scorso 15 febbraio, dal momento che il Nursing Up è stato tra i sindacati chiamati a offrire il proprio autorevole parere in merito al disegno di legge in corso, che potrebbe finalmente arrivare a riconoscere, ce lo auguriamo, l’attività professionale degli infermieri tra le categorie usuranti e non certo tra quelle gravose, così come ha voluto un decreto del Ministero del Lavoro, quello del febbraio 2018.

«Da parte nostra, ha detto De Palma, non può che registrarsi un forte apprezzamento per la volontà manifestata, da parte delle istituzioni, a inserire, finalmente, dopo anni di nostre battaglie, una norma atta a riconoscere la professione degli infermieri italiani come categoria usurante.

È l’articolo 1 del dlsg 67/2011 a stabilire quali sono i lavori cosiddetti usuranti, ossia quelle attività che richiedono un impegno fisico e mentale particolarmente elevato da giustificare un accesso anticipato al trattamento pensionistico rispetto alle altre categorie di lavoratori. In tali disposizioni gli infermieri rientrano solo in via residuale tra la generalità dei lavoratori notturni, e alla fine, quelli che beneficiano effettivamente di tali previsioni sono pochi, perché l’attività usurante viene riconosciuta solo nei casi in cui i dipendenti prestino servizio per almeno 6 ore del periodo notturno e per un minimo di 78 notti ogni anno. Sono poi considerati come usuranti anche quei lavori in cui l’impiego nella fascia 24.00-05.00 è di sole 3 ore, ma per un periodo di lavoro pari all’intero anno lavorativo.

Come è possibile, ce lo chiediamo da tempo, continua un incalzante De Palma rivolto ai Senatori, che fin ora non siano stati tenuti in alcuna considerazione elementi probanti come la qualità, la tipologia e le peculiarità del servizio infermieristico, nonché il forte carattere stressogeno dell’attività svolta e l’elevata valenza usurante che esprimono le attività infermieristiche? Quanto conta tutto questo agli occhi della collettività?

Non possiamo non tenere conto, come se non bastasse quanto detto fin ora, dell’esperienza nefasta che due anni di pandemia hanno lasciato nel fisico e nella mente di noi infermieri. Non possiamo cancellare con un colpo di spugna l’impegno spasmodico quotidiano, che non ha fatto altro che confermare e acuire, se ne era necessario, la valenza usurante della nostra professione.

Non è un caso che gli infermieri siano oggi più che mai consapevoli del pesante handicap che il mancato riconoscimento della nostra professione come usurante rappresenta. Per questa ragione, consapevoli a pieno del nostro valore, abbiamo alzato la voce, siamo scesi nelle piazze, con manifestazioni in tutta italia.

Gli infermieri, con il decreto del Ministero del Lavoro del 2018, sono stati come noto riconosciuti, paradossalmente, nell’elenco dei lavori gravosi.

Eppure siamo noi quelli che antepongono la salute dei pazienti alla nostra, e non solo in costanza di emergenza sanitaria.

Siamo i professionisti che reggono sulle loro spalle le sorti del sistema, il macigno di strutture vetuste e di cattive gestioni all’insegna di anni di gravosa austerity.

Tutto questo non fa che trasformare il nostro nobile lavoro in un pericoloso sfinimento quotidiano, ingabbiati come siamo in tunnel senza uscita. E come non menzionare il fatto che la nostra professione è caratterizzata, da sempre, da turni massacranti diurni e notturni.

Gli infermieri sono quelli dei segni fisici sul volto lasciati dalle mascherine indossate ore e ore, sono quelli dei camici da macellaio al posto dei presidi di sicurezza a norma, sono quelli che hanno dovuto sperimentare l’esperienza estrema di indossare pannoloni, a fronte di turni massacranti che impedivano loro, addirittura, di recarsi in bagno, soprattutto sono quelli che portano dentro le cicatrici invisibili dello stress, dell’angoscia e della paura, quella che esplode per il contatto quotidiano con la malattia e la morte.

Tutto questo disegna un quadro fin troppo chiaro e mette in evidenza, se fosse ancora necessario, una realtà desolante, all’insegna di un pesantissimo fardello da portare sulle spalle ogni giorno, alla luce dello spasmodico impegno quotidiano che un decreto incomprensibile non ci riconosce.

Sciorinando dati, e richiamandosi ad evidenze scientifiche, il leader del Nursing Up ha fortemente sostenuto che la professione infermieristica è tra quelle della salute, la più esposta e gravosa, quella più a rischio.

130mila contagi, gli oltre 80 decessi durante la pandemia: non basta tutto questo?

Parliamo di confronto quotidiano con lo stress psico-fisico, che genera sindromi preoccupanti, “figlie legittime” di una situazione di difficoltà e di disagio che perdura, e che va ben oltre la mera tipologia del turno di lavoro notturno, visto che molte sindromi vengono riscontrate anche in soggetti che non operano di notte, perché ha assunto le qualità proprie della costanza, ed è arrivata all’acme.

Ed ecco, allora, che si giunge a patologie pericolose e preoccupanti come la sindrome di burnout.

È quindi evidente che, del resto tutto ciò è contenuto da sempre nella peculiare tipologia della vita professionale di un infermiere, e studi autorevoli in tal senso lo dimostrano, analizzando fenomeni come la continuata alterazione fisiologica dei cicli sonno-veglia dovuti alla turnazione, la nostra professione, a differenza di altre, vive situazioni “al limite” come gravi disturbi del sonno.

E il recupero in fascia diurna è tutt’altro che un percorso in discesa e spesso il riposo diurno non è affatto in grado di garantire la sufficiente compensazione, a causa dei numerosi elementi di disturbo. Pensiamo semplicemente a luci e rumori.

La conseguenza arriva a essere una diminuzione dell’attenzione professionale, una difficoltà nella focalizzazione degli obiettivi a breve termine, una lentezza nell’esecuzione delle funzioni quotidiane e una predisposizione a commettere errori.

È palese quindi che, un infermiere in buone condizioni di salute, un infermiere tutelato fisicamente e psicologicamente nell’esercizio delle sue funzioni dall’azienda sanitaria dove lavora, tutelato da una normativa che ne riconosce il peso delle responsabilità indipendentemente dal fatto che tali responsabilità vengano agite attraverso turni di notte o di giorno, è alla fine un professionista che si sente valorizzato, in grado di rendere al meglio. E tutto non può che andare a vantaggio della qualità delle prestazioni sanitarie offerte ai malati.

Ulteriore prova tangibile, dell’elevata valenza usurante della attività professionale infermieristica, si riscontra nello sfociare nel tempo del fenomeno dell’inidoneità. In poche parole, dopo anni di stress fisico e psicologico “maturato” sul campo, di turni di notte che minano la forza fisica e psicologica dell’uomo prima che del professionista, gli infermieri finiscono con il subire, come un colpo di boomerang, la conseguenza dell’incapacità nello svolgere quelle funzioni peculiari della nostra attività operativa, quelle che da sempre qualificano il nostro impegno quotidiano.

Tutto questo mina nel tempo il completo soddisfacimento delle attività quotidiane che caratterizzano la nostra professione, svilendo e depauperando le qualità di chi, prima attraverso lo studio, e poi attraverso l’esperienza costruita sul campo a contatto con il paziente, è stato ed è capace, finché gli viene consentito, di essere espressione di eccellenza nel mondo sanitario di casa nostra.

Non dimentichiamo che poi, a peggiorare la situazione, sono le perpetrate e vili aggressioni che da sempre gli infermieri italiani subiscono nelle corsie degli ospedali. Nel 2019 il Nursing Up si è reso protagonista di una indagine accurata condotta con l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Da anni il nostro grido di allarme per le violenze subite dagli operatori sanitari non smette di risuonare.

Gli infermieri, ogni giorno, hanno la piena responsabilità delle vite umane a loro affidate, sin dal primo momento in cui prendono in carico il paziente.

Per tutte queste ragioni Nursing Up, ha ribadito vigorosamente, alla Commissione Lavoro del senato, il proprio forte e pieno apprezzamento, nonché deciso sostegno, alla volontà di introdurre finalmente, attraverso il Ddl 2347 in itinere, l’attesa norma atta a ricomprendere l’attività professionale degli infermieri tra quelle usuranti, e finalmente mandarli in pensione anticipatamente».