Gli infermieri italiani rischiano più che mai di rientrare, non abbiamo paura oggi a ribadirlo, con i loro 1460 euro al mese di stipendio medio, nella triste categoria dei nuovi poveri.
Proviamo a fare due conti. Solo nel 2020, con una inflazione preoccupante , ma non certo alta come quella di oggi, alla luce della sua magra retribuzione, l’infermiere era collocato ampiamente al di sotto della soglia di povertà ISTAT, per una città del Nord Italia pari ad euro 1700 circa.
L’aumento vertiginoso delle responsabilità dei professionisti della salute e l’arrivo di un nemico invisibile, ci ha proiettati in un sistema sanitario che ci ha letteralmente risucchiato e ingabbiato in turni massacranti, e questo non fà certo il paio con una valorizzazione che da anni segue il vergognoso e inspiegabile percorso del “vorrei ma non posso” e delle pacche sulle spalle.
Ma intanto, se da una parte la mole di lavoro è gioco forza cresciuta, dettata anche dalle nuove emergenze, e ha visto la pronta risposta sul campo di professionisti che rappresentano l’eccellenza della sanità del Vecchio Continente, dall’altra parte gli stipendi degli infermieri sono rimasti, nella pratica e nonostante i proclami delle agenzie governative, sostanzialmente gli stessi, contratto dopo contratto.
E così arriviamo ad oggi, con una inflazione che non ha mai conosciuto un picco del genere dal lontano 1995 e che ci chiede, prepotentemente, di ribadire alla collettività, ma soprattutto a chi oggi ha il compito di portare avanti il nuovo contratto dei professionisti della salute, ed è convinto che sta costruendo una “svolta epocale” per la nostra categoria, i punti nodali di quell’indagine, oggi più che mai attuale, che già nel 2019 mise in evidenza, in modo schiacciante, che un infermiere, un padre di famiglia, con il suo stipendio, riusciva a malapena ad arrivare a fine mese, soprattutto se proiettato nei costi di una grande città italiana e con moglie e figli a carico.
L’attualità parla chiaro: i rincari vertiginosi delle utenze domestiche, e adesso anche l’aumento dei beni di prima necessità, a partire dal carrello della spesa, proiettano gli infermieri italiani, con il loro magro stipendio, in una situazione di estremo disagio.
Il messaggio del nostro sindacato vuole essere diretto come non mai. Siamo di fronte all’ennesima evoluzione al rialzo del costo della vita e agli infermieri, nella bozza del nuovo contratto, vengono proposti aumenti che non sono neanche degni di essere definiti tali.
Vogliamo parlare dei 26 centesimi proposti, di aumento dell’indennità oraria notturna, che sono stati poi ulteriormente incrementati di una cifra analoga solo dopo le nostre ferme denunce ?
Vogliamo parlare dei tanto decantati incarichi di funzione di base, il cui pagamento comporterà, “ma inspiegabilmente solo per gli infermieri”, che le aziende procedano a recuperare ben 2 indennità del vecchio contratto, con il risultato che, i soldi che le aziende si riprenderanno per effetto di questo diabolico meccanismo, saranno praticamente uguali a quelli che andranno a corrispondere agli infermieri con la indennità di funzione (base) del nuovo contratto?
Vale questi squallidi giochetti il lavoro di chi offre un servizio tanto delicato alla collettività?
O forse vogliamo ricordare che nelle ultime settimane ben cinque colleghi hanno perso la vita, letteralmente sfiniti dai turni massacranti, ben più letali del virus stesso?
E mentre noi combattiamo tra sintomi del long covid e sindrome di burnout, è lecito chiedersi oggi, alla luce di questa galoppante inflazione, quanto valgono realmente, quei magri aumenti che, tenendo a parte quella indennità infermieristica che siamo riusciti a conquistare lottando per una legge dello Stato, e non certo per via contrattuale, “rischiamo” di ritrovarci nel nuovo contratto.
La risposta potrebbe non piacere a chi sorride annunciando in pompa magna i 200 euro al mese di aumenti per gli infermieri che di fatto, lo abbiamo confermato nei nostri comunicati, soprattutto al netto di quella indennità infermieristica che ci è stata riconosciuta e finanziata dalla legge ben prima del contratto stesso, non ci pare proprio che ci siano per tutti.
Ma intanto la questione resta una: se l’inflazione in Italia continua ad aumentare e, come previsto tende a stabilizzarsi ad alti livelli, gli aumenti contrattuali che potrebbero, il condizionale è d’obbligo, “incrementare ” lo stipendio degli infermieri e di tutte le professioni sanitarie, smettono ancor più di essere dei traguardi . Nessuno abbia il coraggio di definirli tali!
Il tasso di inflazione, è la misura dell‘aumento generalizzato dei livelli dei prezzi di beni e servizi. Quando la sua crescita è lenta e costante (1-2% all’anno) è un bene, significa che l’economia di un paese è sana
Quando invece schizza a livelli elevati, come in questi anni, tra il 4% e il 5% secondo le diverse stime, trovando impreparati il mercato del lavoro e le retribuzioni dei lavoratori, può generare effetti devastanti.
Non tenere gli stipendi al passo dell’inflazione, perché questo sta accadendo, è uno svantaggio per tutti, lavoratori e collettivamente per imprenditori, datori di lavoro e persino per lo Stato.
I professionisti della sanità sono sempre più poveri. Infermieri e altre professioni sanitarie hanno visto la loro busta paga ferma, mentre il contrario accadeva con l’aumento quotidiano del costo della vita.
E vogliamo aggiungere che peggio di noi, come media di stipendi in Europa tra i sanitari, ci sono solo Grecia ed Estonia?
Siamo stanchi e logorati dallo stare perennemente in bilico su un cornicione traballante di un grattacielo, mentre qualcuno, da giù, vuole farci credere, da troppo tempo, che è pronto a portarci in salvo se ci tuffiamo.
Ora noi vogliamo fatti! Abbiamo smesso di credere alle favole», chiosa De Palma.
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