ROMA – «La recente sentenza della Cassazione 12806/202, sesta Sezione Penale, che ha condannato per rifiuto di atti d’ufficio un medico che, alla segnalazione prima di un infermiere, poi di altri due, sulla necessità di una sua visita a un paziente di 87 anni – poi deceduto – ricoverato al reparto di cardiologia invasiva, ha risposto negando le competenze dell’infermiere sul caso specifico, finalmente “accende la luce” sull’evidenza, ormai vergata anche in diritto dall’autorevole mano della suprema Corte, che i medici riconoscano una volta per tutte, e senza aprioristici arroccamenti o riserve, le conoscenze tecnico-scientifiche degli infermieri che lavorano al loro fianco nelle realtà ospedaliere.
L’importante pronuncia, che arriva anche sulla scia di precedenti decisioni che andavano nella stessa direzione, conferma il percorso di indispensabile sinergia tra medico ed infermiere, che rappresenta un obiettivo di svolta per un servizio sanitario sempre più tempestivo, efficiente e di qualità a vantaggio del cittadino italiano.
La Cassazione con la propria sentenza, che ovviamente “fa giurisprudenza ai massimi livelli”, richiama il medico interessato al proprio dovere, così come con sentenze analoghe aveva fatto con gli stessi infermieri nel recente passato, partendo da un principio di estremo equilibrio, e cioè che le attuali competenze e conoscenze infermieristiche chiedono a tale professionista, e da oggi ancor più anche al medico, di promuovere un confronto professionale costante e diretto, finalizzato al benessere del cittadino, senza arroccamenti o posizioni precostituite o di casta».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Da oggi più che mai, quando capiterà che un infermiere, durante il turno di notte, fosse costretto a contattare il medico di guardia, di turno turno o quant’altro, per rappresentare una criticità e per chiedere il suo pronto intervento, nessuno potrà mettere in discussione l’opportunità di tale richiesta. Tutto questo dovrebbe risultare scontato, eppure l’esperienza ci insegna che gli infermieri che “svegliano” il medico di guardia “troppe volte”, in talune realtà vengono costretti a sentirsi in difficoltà per questa azione, quando in realtà in quel modo essi esprimono le loro univoche competenze, conoscenze e capacità e le condividono con altri professionisti, nel rispetto degli specifici ruoli e per il bene dell’individuo.
Questa sentenza è molto importante, continua De Palma, perché, lo ripetiamo, sensibilizza le parti interessate ad un rapporto equilibrato. Troppo comodo considerare gli infermieri come collaboratori, ma essere pronti a celarsi “dietro il muro della competenza esclusiva” ogni volta che in qualche modo l’agire infermieristico chiede di assumere specifiche responsabilità. Niente più due pesi e due misure!
La pronuncia avrà un effetto salutare sull’atteggiamento di taluni medici, certamente non tutta la categoria, che ancora si ostina a considerare gli infermieri meri esecutori, ignorando le loro capacità, le loro competenze specifiche, la loro autonomia di azione, derivate dalla loro competenza, esperienza e percorso di studi. Un infermiere è oggi in grado, con le proprie conoscenze, di comprendere, in una determinata situazione, sulla base della propria osservazione, quali siano le condizioni oggettive di un paziente e di dedurre quali siano le necessità e gli interventi di sua competenza, in certe circostanze anche per salvargli la vita.
Se l’ infermiere richiede l’intervento urgente del medico ciò significa che spetta alla competenza di quest’ultimo di agire prontamente per il bene del paziente, in una sinergia ripetiamo fondamentale e costruttiva per un servizio sanitario di qualità.
Come sindacato, ancor più dopo questa Sentenza, continueremo a raccomandare ai colleghi interessati, di fronte ad una eventuale negazione verso una loro richiesta di intervento da parte del medico, di annotare sempre, tra le altre cose, l’accadimento sul registro delle consegne, una formalità che riteniamo possa essere utile con riferimento alle condivise e rispettive responsabilità , anche dal momento che da oggi il medico non potrà eludere un riscontro, anzi, egli dovrà tenere nella giusta considerazione le valutazioni e considerazioni infermieristiche che propongono un suo intervento. Qualora ciò non accadesse, lo dice la sentenza, scatterà il reato di rifiuto di atti d’ufficio. E questo anche se, successivamente, le condizioni del malato – come in questo caso deceduto – non si rivelano gravi e non abbia corso un pericolo concreto per l’omissione del sanitario», conclude De Palma.
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