ROMA – «Gli infermieri italiani continuano ad ammalarsi di Covid più di qualunque altra categoria lavorativa. Dopo un anno lo scenario non è affatto mutato. E nell’ambito del comparto sanitario, i nostri professionisti che si infettano superano ancora una volta l’80% come percentuale. I più esposti al rischio siamo noi, molto più dei medici, molto più dei tecnici del ssn. E naturalmente, tra gli infermieri, sono le donne quelle più colpite, proprio perché è da loro che è maggiormente rappresentato il mondo infermieristico a livello nazionale. Sono gli inconfutabili dati dell’Inail, che mettono a nudo ancora una volta la posizione delicata degli infermieri italiani, quelli che ogni giorno rischiano la vita, quelli che in questa pandemia l’hanno anche sacrificata, con le altre 80 vittime da febbraio 2020 a oggi».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, nell’introdurre l’ultimo report dell’Inail, entra anche nel merito della delicata questione di quel piccolo numero di infermieri che non hanno ancora maturato la propria decisione di vaccinarsi. Si tratta di coloro che hanno scelto di non vaccinarsi “oggi”. Dico “oggi” perché ci risulta che molti tra questi sono quelli che stanno aspettando maggiori informazioni e dati scientifici su una materia tanto delicata e complessa come quella dei vaccini sars cov 2, per i riflessi che tale decisione può avere sulla propria vita personale e quella collettiva. Parliamo di quei colleghi nei confronti dei quali lo stesso Inail, con una decisione che di certo farà storia, ha confermato che ci sarà il riconoscimento della tutela assicurativa come infortunio sul lavoro, in caso di contagio, allo stesso modo di coloro che hanno già scelto di sottoporsi alle somministrazioni.
«Valutiamo con favore la posizione dell’Inail e non possiamo che sostenerla a pieno, pur mantenendo fede, come sindacato nazionale infermieri, al principio che le vaccinazioni sono e saranno sempre lo strumento di elezione per uscire da questo incubo, e pur continuando a sensibilizzare in ogni modo, ma con grande equilibrio, i colleghi in tal senso.
Ma mai, dico mai, continua De Palma, avvalleremo la posizione “coercitiva” di alcune direzioni sanitarie che dovessero pretendere di vessare il sacrosanto diritto del singolo, di sospendere temporaneamente le proprie decisioni in attesa di nuove o diverse evidenze scientifiche. In questo senso dobbiamo ricordare quanto è stato enunciato recentemente dal Consiglio d’Europa sulla delicata questione degli infermieri e del personale sanitario che decide di non vaccinarsi, e che quasi sempre arriva a maturare una scelta del genere non dall’oggi al domani, non certo in modo affrettato e superficiale, ma dopo aver legittimamente “dato corpo ad una decisione complessa e non facile, frutto di analisi e valutazioni tecnico-scientifiche, anche in dipendenza di eventuali motivazioni legate alla propria sfera personale ed alle proprie condizioni di salute.
Il Consiglio d’Europa ha statuito che occorre tutelare la posizione di quegli infermieri che decidono di affrontare, con dovizia di motivazioni personali, un momento importante come quello della vaccinazione: non bisogna discriminare coloro che dovessero decidere di non sottoporsi al vaccino.
Lo abbiamo sempre detto e lo ribadiamo: anche se non condividiamo talune scelte comunque complesse e difficili, come quella di non vaccinarsi, bisogna stigmatizzare che gli infermieri possiedono le conoscenze, le esperienze ed ognuno il proprio metodo personale volto ad approfondire le evidenze clinico scientifiche secondo le loro esigenze. A loro non è mai stato necessario e non sarà mai necessario imporre nulla, tanto meno se tutto questo riguarda la salute dei cittadini che ogni giorno difendono a costo della loro stessa vita. Continuare a promuovere l’importanza dei vaccini con una equilibrata campagna di sensibilizzazione è l’unica strada da percorrere», conclude De Palma.
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