De Palma: «I sindaci della Marca Trevigiana perseverano: vogliono assumere infermieri extracomunitari per tappare le falle delle carenze di organico, specie quelle delle RSA»
ROMA – «Non ci sorprende, ma certo non manca di creare sconforto, l’iniziativa dei sindaci della Marca Trevigiana, che in un recente incontro con il locale Prefetto, per far fronte all’inarrestabile fuga di infermieri dalle Rsa, e alla conseguente carenza di personale sanitario, chiedono, incredibile ma vero, di prorogare fino al 2023 la possibilità di assumere operatori anche da Paesi extraeuropei.
Viene da chiederci, inesorabilmente, quale destino si prospetti per la sanità italiana di fronte ad una politica così superficiale che non tiene conto, in alcun modo, della già traballante situazione che stiamo vivendo, da nord a sud, proprio a causa di gestioni di questo tipo.
Già in passato siamo intervenuti su questa materia, con il personaggio di turno che cerca di coprire i buchi con toppe “arrangiate” all’ultimo minuto, che si rivelano alla fine addirittura peggiori dei problemi stessi».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up
«Gli infermieri italiani sono tra i pochi, in Europa, ad avere la qualifica accademica di dottore: far arrivare in Italia infermieri extracomunitari, con tutto il rispetto per queste persone, senza garantire che il loro livello di studi sia analogo alla nostra laurea, rappresenta un fatto gravissimo.
È di pubblico dominio che ci sono dei paesi in Europa che non richiedono ai loro infermieri la medesima preparazione universitaria dei professionisti italiani. Di conseguenza assumere personale sanitario con queste qualifiche significa mettere a rischio la già febbricitante qualità della nostra assistenza. Possibile che i sindaci del Veneto non si rendano conto che i cittadini della loro regione non sono cittadini di serie B e che quindi non meritano un’assistenza di qualità più bassa?
Non siamo d’accordo con quanto sta accadendo. Lo ripetiamo ancora una volta, e per difendere le nostre idee riprenderemo quelle battaglie, se necessario, che hanno portato migliaia e migliaia di colleghi nelle piazze di tutta Italia. Sono necessarie, seduta stante, strategie mirate e soprattutto risorse economiche per permettere ai nostri infermieri, cioè alle professionalità elevate di cui disponiamo, di non scappare via, verso realtà sanitarie all’estero, che oggi gli consentono di avere stipendi che per noi sono proibitivi.
Nel contempo, se si vuole che una volta per tutte questa emorragia di professionisti, in particolare nelle RSA, si arresti, visto che da mesi è sotto gli occhi di tutti una vera e propria fuga del personale sanitario dalle realtà private verso quelle pubbliche, che non sono certo isole felici, allora è arrivato il momento di cominciare a pagarli degnamente, senza pensare di sostituirli in fretta e furia con figure che non possiedono, nemmeno lontanamente, il loro solido percorso di studi. Appare evidente che operatori sanitari con una formazione inferiore a quella a noi richiesta, una volta inseriti nel nostro sistema, non saranno in grado di offrire la medesima qualità professionale ai cittadini, sia che si tratti, come già detto, di colleghi stranieri con percorsi di studi non parificati ai nostri, sia che si tratti, come il Veneto ha già provato a fare, di operatori socio sanitari che vengono avviati a miseri e sbrigativi corsetti on line.
Non saranno certo questi “giochi di prestigio” che permetteranno al nostro sistema sanitario di uscire dal tunnel in cui è finito. Un tunnel fatto di carenze strutturali e di organico, che solo un coraggioso, accurato e capillare piano di assunzioni, potrà invece trasformare in un percorso reale di crescita e di garanzie per tutti i cittadini».