Ci siamo anche noi e non è affatto un caso: i mesi di pandemia non sono passati inosservati negli occhi e nel cuore di chi intravede nello sport non solo uno strumento agonistico, ma un indispensabile veicolo di aggregazione di massa, da sempre.
Le strenue lotte al fianco dei malati a costo delle nostre vite, contro un nemico invisibile, subdolo, all’inizio sconosciuto e all’apparenza invincibile, sono vive nelle nostre menti, e non solo. Ci siamo anche noi! Tra gli atleti paraolimpici e gli 11 israeliani che furono vittime di un attentato terroristico a Monaco ’72.
Non si tratta in questo caso solo di celebrare gli infermieri in ogni dove per gli sforzi profusi: sarebbe banale e riduttivo.
Il CIO ha compreso che gli infermieri sono stati e continueranno essere la colonna portante delle nuove sfide sanitarie che ci attendono. E che il loro coraggio, la loro esperienza, il loro cuore, rappresentano un’arma incredibile che ogni nazione ha il dovere di valorizzare, fino in fondo. Contro la quale non c’è virus sconosciuto che tenga! Affinché il potenziale straordinario, professionale e umano, a nostra disposizione, non vada depauperato, a vantaggio di un obiettivo comune: la salute dei pazienti, il benessere dei malati, la cura dei soggetti fragili».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Lo sport e la sanità non sono mai stati così vicini e questo non può essere un caso, perché gli infermieri ci sono sempre e ci saranno sempre. Fuori e dentro le realtà ospedaliere.
L’infermiere può e deve offrire il suo contributo a 360 gradi: nelle scuole, nelle case dei cittadini, nelle strutture private, attraverso presidi organizzati ad hoc per snellire i ricoveri e per sostenere gli utenti, anche gli sportivi, nel quotidiano svolgimento delle loro attività.
Il CIO ha definito gli infermieri come straordinari testimoni del tempo, una frase che ci colpisce nel profondo ma che deve essere di straordinario insegnamento per i nostri governi. Affinché non rimangano bellissime parole destinate a perdersi, a svanire nel nulla.
Mai come in questo caso, Tokyo 2021, che doveva essere Tokyo 2020 e che gioco forze come gli Europei è slittata di un anno, è l’olimpiade del pathos, della voglia di rinascita.
E se gli infermieri sono stati davvero indicati, come è accaduto, come simbolo sociale da parte del CIO, ovvero il Comitato Olimpico, è fuori dubbio che, da tutte le parti in causa, ci si attende quell’impegno, quella programmazione, quella strategia, affinché ogni Paese Civile abbia nei suoi infermieri lo strumento per tutelare i malati, per combattere i nuovi nemici pronti ad attaccarci quando meno ce lo aspettiamo.
Gli infermieri sono chiamati a combattere le nuove sfide non solo nei Paesi più evoluti, ma vanno ricordati e menzionati soprattutto i professionisti di quelle realtà che vivono situazioni di estrema povertà, dove gli effetti della pandemia sono diventati devastanti.
Dall’altra parte i Governi e le Regioni hanno il dovere di mettere i professionisti dei quali si parla nella condizione di dare il meglio, offrendo loro, laddove è possibile, gli strumenti indispensabili per mettere a frutto le proprie capacità, al servizio dei malati. Senza dimenticare che tutte le categorie delle professioni sanitarie vanno tutelate e valorizzate, per costruire, all’unisono, sistemi solidi ed efficienti.
E vorrei concludere, dice De Palma, dicendo che nulla è più vero: essere infermieri vuol dire essere e rappresentare una parte della società, in termini di lavoro e di cittadinanza, cultura e politica, sport e relazioni».
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