Regione

Nota del Sindacato Infermieri Italiani Nursing Up del 28 aprile 2021

De Palma: «Per il Governo la validità del vaccino, dopo la seconda dose, è ufficialmente oggi di sei mesi. Lo afferma il recente Decreto Riaperture. Cosa succederà per gli infermieri che si sono vaccinati a gennaio? E’ prevista per loro una terza somministrazione?»

ROMA  – «Il Decreto Riaperture prevede oggi diverse opzioni per muoversi tra le Regioni (tra cui una ipotetica Green Pass per chi è stato vaccinato). Il periodo di di durata delle coperture vaccinali non va oltre i sei mesi. Non siamo di fronte a un dato certo, diversi studi avrebbero dimostrato che in alcuni soggetti, in particolare quelli che si sono già ammalati, esiste una produzione di anticorpi superiore, così come siamo di fronte a vaccini che non sono propriamente efficaci al 100%, e questo certo non ci consente di dormire sonni tranquilli.

Da mesi il nostro Sindacato sta invitando le realtà ospedaliere del nostro Sistema Sanitario ad effettuare controlli in modo continuativo sugli operatori impegnati ogni giorno in prima linea: l’unica strategia con cui possiamo agire è la prevenzione, la tutela della salute di chi combatte quotidianamente per il bene dei cittadini. La misurazione dei livelli anticorpali rappresenta quindi oggi uno strumento indispensabile, per evitare che chi, ad esempio in condizioni di soggettiva fragilità, possa essere esposto al contagio anche dopo la seconda somministrazione.

I dati parlano chiaro, i recenti fatti di cronaca che abbiamo raccontato nei nostri comunicati stampa non sono fantasia: è accaduto e continuerà ad accadere, gli infermieri già vaccinati con la seconda dose possono re-infettarsi con il Covid».

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.

«Ad oggi non è previsto nessun ulteriore richiamo per la vaccinazione per gli operatori sanitari: ci chiediamo, quindi, allo scadere dei 6 mesi stabiliti per l’immunità, come intende agire il nostro Governo, soprattutto come intendono agire i datori di lavoro che lo stesso codice civile indica come responsabili della tutela dei nostri infermieri dipendenti.

Non ci risulta, infatti, che le aziende sanitarie stiano provvedendo a sottoporre a screening finalizzati a misurare il dosaggio anticorpale di tutti i sanitari, e poi, qualora, di fronte ad uno specifico test, il livello anticorpale di un operatore sanitario dovesse rivelarsi basso, possiamo essere certi che il soggetto in questione sarà trasferito altrove o lasciato a casa?  Allo stato, in carenza di norme specifiche da parte del Ministero, dovremo rimetterci “al buon cuore” delle direzioni sanitarie, che ovviamente si muoveranno in maniera diversa tra loro. Non sarebbe più che opportuno che il Ministro della Salute agisca senza indugio, dando le necessarie indicazioni di coordinamento alle regioni?

In un Sistema Sanitario che si rispetti, figlio di un Paese Civile, esistono gli obblighi del personale sanitario, a cui attenersi per la tutela della salute dei pazienti, ma esistono anche una serie di doveri, fondamentali, alla base dell’organizzazione ospedaliera e sanitaria in genere, a cui il datore di lavoro deve attenersi. Perché anche gli infermieri vanno tutelati al pari dei malati.

E se davvero la validità di una vaccinazione per il nostro Ministero della Salute è oggi di sei mesi cosa succederà a chi, tra gli infermieri come tra gli altri operatori sanitari, si è vaccinato a gennaio scorso con la seconda dose? Come si comporteranno le Regioni alla scadenza dei sei mesi?

Non ci sono evidenze scientifiche che ci portano ad affermare, con certezza, che dopo sei mesi la protezione diminuisca, e questo ci potrebbe da una parte confortare. Ma non possediamo neanche la sicurezza che in tutti i soggetti si verifichino le medesime condizioni temporali di immunità. Alcuni importanti studi effettuati sul vaccino moderna, ad esempio, parlano di una efficacia di nove mesi. Fissare limiti così stringenti rischia di creare ancora più caos dal punto di vista organizzativo per una sanitaria già traballante sotto questo aspetto. 

Ma alla fine occorre applicare le regole che il Governo ha previsto, e quindi se davvero sono 6 i mesi di validità dei vaccini, almeno sulla carta, tutti gli operatori sanitari dovranno essere chiamati, volta per volta, ad effettuare la terza dose, questo appare evidente. Non possiamo certo svuotare le corsie… 

Quindi ci troviamo di fronte all’ennesimo controsenso: il Governo indica in sei mesi dalla seconda dose il periodo di validità del vaccino, ma non chiarisce affatto come dovranno agire gli operatori sanitari che usciranno fuori copertura, cioè coloro che raggiungeranno la fatidica soglia del limite semestrale», conclude De Palma.

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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