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Nota del Sindacato Infermieri Italiani Nursing Up del 23 giugno 2021

De Palma: «La nuova indagine Istat sulla soglia di povertà apre la strada ad un dilemma allarmante. Sono proprio gli infermieri italiani, con lo stipendio medio di 1400 euro al mese, i nuovi poveri?»

ROMA  – «Gli infermieri italiani toccano davvero la soglia dell’indigenza, almeno quelli che lavorano nelle nostre grandi città? Sono davvero i nostri professionisti della sanità i nuovi poveri? Gli uomini e le donne che hanno combattuto giorno dopo giorno, mese dopo mese, contro un nemico subdolo e invisibile nelle corsie degli ospedali, vivono una situazione economica così difficile? 

Incredibile ma vero, stando all’accurata indagine Istat sulla soglia della povertà assoluta, in netta crescita, sembrerebbe di sì, laddove appare evidente che in città come Milano, Roma, Napoli, infermieri con una famiglia a carico, con un affitto da pagare e magari un solo stipendio, cominciano ad avere sulle proprie spalle un peso insostenibile.

L’Italia è il paese europeo che vanta ancora il triste primato di uno degli stipendi più bassi in assoluto per la categoria dei nostri infermieri. Eppure laureiamo ogni anno professionisti di altissimo profilo, che corrono veloci verso specializzazioni, Master e Dottorati, ma non siamo assolutamente in grado, come classe politica, di costruire le basi per una loro concreta valorizzazione economica e giuridica. Francia, Spagna e Germania come compensi degli infermieri ci superano, Olanda e Lussemburgo addirittura ci surclassano, con paghe che vanno dai 50mila agli 80mila euro all’anno. Noi restiamo fermi al palo, tristemente, da anni».

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.

«Ma allora ecco perché le nostre eccellenze, i nostri giovani laureati, non hanno scelta, non ce la fanno, e dopo qualche anno di precariato, nella disorganizzazione di strutture vetuste, optano sempre di più per “la via della fuga”, verso Paesi che garantiscono un fisso mensile anche di 2500/3000 euro, e poi supporto linguistico, scatti di carriera, sostegno per l’alloggio nei primi mesi. 

Ma perché i nostri neo laureati sono ambitissimi all’estero? 

La nostra professionalità, i nostri percorsi di specializzazione, gli anni di costante tirocinio che affiancano gli studi: l’Italia costruisce eccellenze assolute nella realtà infermieristica, ma la classe politica ci condanna al peso insostenibile di stipendi vergognosi. 

E cosa fa la FNOPI, l’Ente che rappresenta gli Ordini Professionali degli Infermieri a livello centrale e che ha il privilegio di confrontarsi con la politica ed il Governo in qualità di ente sussidiario dello Stato? In che modo fa sentire la sua voce e tutela le nostre istanze nelle sedi istituzionali? In che modo dialoga con i sindacati, per costruire sinergie vincenti, seppur nel rispetto ognuno delle proprie posizioni, con chi come noi combatte ogni giorno, fianco a fianco, ai professionisti? 

E cosa fa da parte sua l’Esecutivo?

Continua a voltarci le spalle, da ultimo con la soppressione del previo assenso dell’amministrazione di appartenenza per i trasferimenti dei dipendenti pubblici da una città all’altra, provvedimento che consentirà a centinaia di migliaia di dipendenti di ricongiungersi alle loro famiglie e dal quale, paradossalmente, sono stati esclusi proprio gli operatori sanitari, che in questo modo non potranno decidere di tornare negli ospedali dei paesi d’origine, dove il costo della vita è più basso, dove ci sono magari parenti e amici pronti a dare il loro sostegno. 

E tutto questo accade dopo aver urlato a gran voce nelle piazze italiane il nostro dissenso, per l’indifferenza della classe politica e per sollecitare un trattamento economico dignitoso. E se dopo aver combattuto a mani nude il mostro Covid, i nuovi dati Istat ci confermano davvero di essere diventati addirittura noi i nuovi poveri, dopo aver perso oltre 80 colleghi in un anno di pandemia, nonostante professionalità, indiscusso valore e i sacrifici profusi sul campo, allora vuol dire davvero che al peggio non c’è mai fine.

Noi vogliamo continuare a credere che non sia così».

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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