Il farmacista potrà avvalersi del tutoraggio dell’infermiere e concorderà con lui giorni e orari delle esercitazioni. L’infermiere avrà la responsabilità di insegnare al farmacista quelle tecniche che naturalmente non appartengono affatto ai capisaldi della sua professione, e in particolare dovrà mostrargli quali sono tutti i passaggi più delicati per effettuare una corretta vaccinazione.
Leggiamo testualmente: “Il farmacista procede a fare la vaccinazione per un minimo di 5 volte a un massimo di 15 sotto controllo diretto dell’infermiere e, comunque, per il numero di volte necessario a garantire l’autonomia del farmacista nell’inoculazione del vaccino presso farmacie, centri vaccinali, altro ente sanitario ove sono praticate le vaccinazioni.
L’infermiere, rilevata la raggiunta corretta manualità di inoculazione da parte del farmacista, rilascia l’attestato di compiuta esercitazione pratica in cui si dimostra l’acquisizione delle conoscenze necessarie alla gestione dei vaccini e alla loro somministrazione”.
Cosa sta succedendo? Qualcuno ce lo spieghi!
Qualcuno ci spieghi il paradosso in cui siamo finiti. Ci viene chiesto di fare da docenti ai farmacisti, ben venga viste le nostre competenze, ma prima si avalla, con i silenzi istituzionali, la loro pressoché totale autonomia in campo vaccinale, non tenendo conto che prima di qualunque professione sanitaria, per conoscenze, competenza ed esperienza, bisognava chiamare gli infermieri ad assumere la responsabilità, accanto al medico, del progetto vaccini».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Non crediamo affatto che questo accordo sia da accogliere tra squilli di tromba, tanto meno che si tratti di una conquista. Non possiamo affatto sorridere, per una campagna vaccinale che è da tempo entrata nel vivo e dove non ci pare proprio che la nostra Federazione abbia fatto grandi cose per impedire che l’accordo tra Governo e Federfarma permettesse a figure che non posseggono le necessarie competenze ed abilitazioni, di surrogare gli infermieri in tema di autonomia e responsabilità. Parliamo di ambiti che, sin dall’inizio di questo percorso nell’ambito dell’emergenza sanitaria, gli infermieri italiani erano in grado di avere come nessun altro.
È così che la FNOPI si interpone con il Governo per rappresentare e tutelare la nostra professione che conta più di 450mila iscritti?
Leggiamo ancora testualmente: “Al termine dell’esercitazione pratica, il farmacista sarà in grado autonomamente di effettuare la tecnica di inoculazione e riconoscere eventuali segni e sintomi di effetti avversi”.
Ci domandiamo legittimamente: bastano davvero poche esercitazioni, seppur impartite da una figura competente ed esperta come la nostra, per imparare a vaccinare? Ai farmacisti possono bastare anche solo 15 somministrazioni “supervisionate” per essere poi più autonomi dei loro stessi insegnanti, in un contesto tanto delicato come la campagna vaccinale anti Covid?
E allora se chi ha voluto tutto questo, o lo ha permesso grazie alle proprie posizioni, pensa di regalare agli infermieri italiani un desolante premio di consolazione con l’incarico di diventare docenti per i farmacisti, si sbaglia di grosso!
Oggi non possiamo e non dobbiamo fare i salti di gioia di fronte a questo protocollo di intesa, perché gli infermieri non hanno bisogno certo di contentini. Il loro valore per questa sanità italiana va ben oltre il mostrare a un farmacista, che non lo ha mai fatto, come si gestisce una siringa.
Ecco, è proprio questa l’Italia dei paradossi!».
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