“Parliamo di ripartenza, c’è il futuro che incombe – ammonisce – e in questo momento sembra impossibile da affrontare. La medicina territoriale è il futuro della sanità: i distretti sanitari vanno potenziati sulla base dei bisogni di salute dei cittadini e temi come sanità digitale e telemedicina saranno presto affrontati dal PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ora attendiamo con impazienza di poterlo leggere e di conoscere l’agenda del governo per quanto riguarda le assunzioni del personale sanitario atte a migliorare il processo assistenziale e ridistribuire i carichi di lavoro. Non ultimo per importanza, è atteso l’investimento sui professionisti con la loro valorizzazione che avverrà con i rinnovi contrattuali”.
La pandemia ha messo in evidenza l’importanza della medicina del territorio, un settore che, anche in epoca post-Covid, giocherà un ruolo fondamentale nel gestire le cronicità, vera sfida per i sistemi sanitari del futuro. “Ci vuole ora un cambio di passo – avverte Carbone – che si traduca in nuovi modelli organizzativi. Ripensare l’organizzazione del lavoro e delle professioni nel Ssn significa mettere al centro le esigenze della comunità. L’assistenza territoriale e di ‘prossimità’, lo sviluppo di modelli organizzativi che vadano incontro ai bisogni dei cittadini, richiedono sinergia e coesione di figure professionali. Il lavoro di territorio è un lavoro di équipe, in cui i diversi professionisti della salute mettono insieme le loro competenze per costruire una rete di servizi sanitari”.
“Solo grazie a questa sinergia tra tutte le competenze – sottolinea il segretario generale Fials – si riuscirà a risolvere o almeno attenuare le questioni eterne degli accessi impropri ai pronto soccorso e delle liste d’attesa. Per smaltirle, chiediamo al governo di estendere lo stop all’incompatibilità prevista dalle norme sull’esclusività del personale infermieristico e ostetrico, di riabilitazione e dei tecnici per la radiologia domiciliare, così da avviare concretamente la sanità del territorio. Tale deroga, già attuata per consentire agli infermieri di lavorare al piano vaccinale, andrebbe solo allargata per dare a tutti la facoltà di scegliere il professionista sanitario con cui condividere il proprio iter di cura, così come avviene con la scelta del medico”.
“Si tratta della strada corretta – conclude Carbone – per assicurare il diritto alla salute ai cittadini, al pari dell’equità, dell’efficacia ed efficienza delle cure”.
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