Carabiniere di 52 anni ora si trova con un’invalidità civile al 100% causa Covid
BOLOGNA – Cinquantasette giorni in terapia intensiva per il Covid, ricoverato a marzo e dimesso dopo tre mesi, un carabiniere di 52 anni ora si trova con un’invalidità civile al 100% per i postumi della malattia, presa al lavoro. Il caso del militare, di una stazione della provincia di Piacenza è segnalato dal Segretario Generale E.R. del Nuovo sindacato carabinieri Giovanni Morgese che ha fatto ottenere il riconoscimento della causa di servizio, evitando il rischio che venisse congedato. Ma chiede che per una situazione del genere ci sia la dichiarazione di vittima del dovere e sta sviluppando una proposta al Governo per un’assicurazione obbligatoria per i carabinieri, “per garantire il costo per le prime cure e un indennizzo per quelle patologie non ascrivibili a categorie di invalidità, come avviene già garantito ad altri lavoratori italiani, eccetto noi”.
Iniziò tutto con un intervento, il 14 marzo, su invio della centrale operativa, a casa di un anziano che non rispondeva al telefono. “Dopo aver aperto la porta notavamo una persona in stato di totale disperazione sdraiata per terra”, racconta lo stesso carabiniere. Tre giorni dopo si venne a sapere che l’anziano era morto, a causa del Covid. Nel frattempo il militare si ammalò, rimanendo in ospedale “per oltre 50 giorni intubato”, perdendo 37 kg e riportando gravi conseguenze. È stato necessario fare “fisioterapia in palestra a pagamento, tra visite mediche e tutto il resto spendendo 4.800 euro circa, senza contare autostrada e benzina, con un mutuo di 600 euro al mese. Mi è arrivato un sussidio da parte dell’Arma di 700 euro più 300 euro di rimborso spese, ma da quel giorno non ho più ricevuto altro”.
“Riteniamo che l’Arma – conclude il responsabile del comitato medicina legale e pensionistica del Nuovo Sindacato Carabinieri Ciro Ingui – come datore di lavoro e controparte sui rimborsi alle vittime del servizio si venga a trovare in un duplice conflitto di interessi. Questo non è più tollerabile come non è tollerabile il ritardo sui riconoscimenti che attualmente prevedono dai 4 ai 5 anni di attesa”.