MODENA – C’è anche un museo invisibile, che vive nei grandi e silenziosi depositi, ma anche nelle relazioni con altre realtà culturali. Il nuovo allestimento delle sale Campori e Sernicoli punta i riflettori anche su questo cuore nascosto del Museo civico di Modena, con due spazi speciali, “Focus on dai depositi” e “Quadro ospite”, progettati per approfondire opere e temi collegati alle due collezioni, con dipinti solitamente non esposti.
“Focus on dai depositi” è il titolo di una parete di sala Campori che ospiterà, di volta in volta, dipinti della collezione che per ragioni di spazio non possono essere esposti. Il primo approfondimento è dedicato alla storia di tre opere attribuite al pittore genovese Orazio De Ferrari. Si tratta, in realtà, di tre frammenti derivanti da un’unica grande tela raffigurante l’ingresso di Cristo a Gerusalemme, originariamente esposta nella chiesa del castello Montecuccoli Laderchi di Guiglia, sull’Appennino modenese. Fu proprio Matteo Campori a ritagliare e conservare le sole parti a suo parere più interessanti dell’opera, ritenendo che “nell’insieme non riusciva gustosa”.
Nella sala Sernicoli, la parete intitolata “Quadro ospite” è dedicata all’esposizione di opere custodite nei depositi museali o richieste in prestito a istituti culturali e collezionisti privati, per approfondire temi collegati ai dipinti della collezione. Il primo “ospite” è il “Ritratto di Carlo Sigonio” di Lavinia Fontana (1552-1614), posto in dialogo con la “Galatea” di Elisabetta Sirani (1638-1665). Due donne, due pittrici, entrambe figlie d’arte, in grado di fare breccia in un mondo fortemente maschile: Lavinia Fontana, la prima donna a raggiungere il successo professionale al di fuori dei confini di una corte o di un convento, ed Elisabetta Sirani, la prima donna a fondare una Scuola femminile di pittura in Europa.
Figlia del pittore Prospero Fontana, Lavinia, anche grazie alla fitta rete di amicizie paterne, è la ritrattista più ambita dagli studiosi nella Bologna del cardinale Gabriele Paleotti. Tra desideri di gloria e valori etici, la moda di essere ritratti diventa esigenza imprescindibile per l’uomo di cultura, come il noto studioso Carlo Sigonio (Modena, 1523 circa-1584). Il dipinto, esposto recentemente alla grande mostra sulla pittrice allestita alla National Gallery di Dublino, fu realizzato nel 1578 quando Sigonio si trasferì a Bologna dove aveva ottenuto la cattedra di Eloquenza. Giunto al Museo civico nel 1878 da Palazzo Comunale, l’opera registra con minuziosa attenzione gli oggetti che simboleggiano il ruolo del professore universitario: l’abito, il manto foderato di pelliccia, i libri, il tagliacarte, il calamaio, definiscono con sobrio rigore l’immagine ufficiale dell’erudito.
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