Insieme al sindaco, al Consiglio dedicato sono intervenute la presidente Francesca Maletti, l’assessora al Welfare Giuliana Urbelli e la presidente dell’Associazione contro la violenza sulle donne Gabriella Alboresi.
Nell’introdurre il tema, la presidente Maletti ha ricordato che ogni anno in Italia ogni anno più di cento donne vengono uccise da un uomo. “A oggi siamo già a 123 e questi omicidi vengono compiuti da uomini che le vittime conoscevano e con cui, nella maggioranza dei casi avevano avuto o avevano in corso una relazione affettiva. Si tratta – ha ricordato – di un fenomeno trasversale che non ha territorialità, non è frutto di emarginazione, non tralascia gli ambienti dove ci sono cultura e risorse economiche. Il fenomeno del femminicidio è subdolo e ci riguarda tutti e per questo anche oggi siamo qui per riflettere e chiederci cosa possiamo fare di più e di meglio, anche nel nostro territorio, per evitare che queste violenze continuino”.
Nel suo intervento il sindaco Muzzarelli ha affermato che “occorrono, senza dubbio, pene celeri ed esemplari, ma il nostro lavoro deve essere per la prevenzione e per l’educazione: dobbiamo capire quando una donna può diventare una potenziale vittima e non dobbiamo lasciarla sola, ma tutelarla e sostenerla attraverso un lavoro di rete tra le istituzioni, le associazioni e i sodalizi che a Modena ci sono e stanno lavorando. Ma dobbiamo anche far crescere la coscienza della libertà e dell’autodeterminazione delle donne, anche all’interno delle etnie e culture civili e religiose insediate a seguito delle migrazioni di massa. Ma, perché le cose cambino – ha proseguito – è necessario e urgente agire sugli uomini, sulla loro concezione della donna e sulla loro cultura relazionale”. Muzzarelli ha poi richiamato l’impegno “che ci eravamo presi con le donne modenesi e che stiamo portando a compimento: la Casa delle donne a Villa Ombrosa dove troveranno la loro sede tutte le associazioni femminili che operano sul territorio. Un intervento di grande significato simbolico e dalle importanti conseguenze pratiche che finalmente, dopo oltre 20 anni di stallo, che partirà a gennaio, e sarà presentato con un incontro pubblico il 30 novembre.
L’assessora Urbelli ha aperto il suo intervento ricordando l’arresto a Castelfranco dell’uomo che ha minacciato di dare fuoco all’ex compagna e madre di suo figlio, da mesi oggetto di persecuzione. La donna si è salvata chiamando i carabinieri: “In questo poche righe quotidiane c’è tutto: la violenza psicologica, la paura, la violenza fisica con strumenti sempre più crudeli e umilianti, il coinvolgimento dei minori, le intimidazioni che si sviluppano nel tempo in modo graduale, a partire da violenze verbali o atteggiamenti svalorizzanti fino ad arrivare all’aggressione, allo sfregio o all’annullamento fisico, ma anche la consapevolezza, la reazione, per quanto difficile, il sistema di protezione”. Da qui l’assessora ha sottolineato l’importanza che “tutti i soggetti, istituzionali e non, che si trovano a fronteggiare il fenomeno della violenza lavorino in rete” ricordando il ruolo di coordinamento del Comune di Modena nella rete distrettuale per il contrasto alla violenza nel tavolo tecnico costituito da tutte le istituzioni pubbliche, le Forze dell’Ordine, la Sanità, le associazioni di volontariato. Una condivisione di strategie che continua, nella tutela della donne ma anche dei figli della violenza”.
Forte di un’esperienza sul campo che dura da oltre 25 anni, Gabriella Alboresi ha interpretato in modo positivo l’aumento dei dati sulla violenza: “Significa che sempre meno donne sono rinchiuse in relazioni violente e arrivano alla denuncia. Significa che sempre più donne hanno deciso di rompere il muro di silenzio che le circonda. Era uno degli obiettivi – ha ricordato – che ci eravamo poste quando abbiamo creato il centro e lo è ancora, perché le cose non sono cambiate molto; nel 1990 di violenza alle donne non si parlava e le donne non dovevano parlarne. Ancora oggi hanno vergogna a farlo ma per fortuna sempre meno”. Alboresi ha riconosciuto che il Comune di Modena è stato uno dei primi che ha trattato la violenza sulle donne come problema sociale e ha convenzionato un centro antiviolenza. “E lungimiranza c’è stata anche nella firma dei protocolli e nella creazione della rete e il nostro modello è stato copiato”, ma l’avvocata ha messo in evidenza che sarebbe necessaria una formazione continua delle Forze dell’Ordine, perché il turn over è alto, per imparare ad accogliere le donne che arrivano a sporgere denuncia. E che ci fosse in Procura un pool di magistrati sensibilizzati, anche in questo caso in grado di accogliere la denuncia senza immediatamente archiviarla. Nel concludere Alboresi ha affermato che la violenza
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